Vita gioconda di Padre Pio

Cinquantadue anni fa, il 23 settembre 1968, a San Giovanni Rotondo, moriva Padre Pio. Il connubio del frate da Pietralcina tra fede, turismo, politica e business.

“Oh se fossi re!, combatterei prima di tutto il divorzio, da molti cattivi desiderato, e farei sì che il sacramento del matrimonio fosse maggiormente rispettato. Cercherei di illustrare il mio nome col battere sempre la via del vero cristiano; guai poi a coloro che non volessero seguirla. Li punirei subito o col metterli in prigione o coll’esilio oppure con la morte”. Questo scritto, dal sapore nettamente inquisitorio, fu composto da Padre Pio nel 1902. Colui che sarebbe diventato, per i suoi devoti, il santo con le stigmate; già in giovane età mostrava dei tratti caratteriali tutt’altro che caritatevoli. Ma le vie del Signore, oltre che infinite, sono anche sconosciute ai più, i quali devono rimettersi alla volontà divina e non sindacare sul mezzo che Dio ha scelto per comunicarci il suo messaggio. Padre Pio nasce a Pietrelcina il 25 maggio 1887 e, grazie ad un forte carisma e ad una fede solidissima, riuscirà a diventare egli stesso oggetto di venerazione e culto.

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Già durante gli anni dell’infanzia, i segnali della presunta santità dell’allora Francesco Forgione si sprecavano. La madre, donna analfabeta e superstiziosa, lo portò da un indovino, che così sentenziò: “Un giorno sarà un uomo onorato in tutto il mondo. Per le sue mani passeranno soldi su soldi, ma non possederà nulla”. In effetti l’anonimo vate non aveva tutti i torti, dato che i soldi saranno un elemento fondamentale nella storia di Padre Pio. Ma è utile ricordare anche altri segnali inequivocabili della santità del bimbo. Il piccolo Francesco stava sempre in casa, non voleva giocare con i compagni “perché essi bestemmiano”; inoltre fu trovato più volte intento a flagellarsi nella sua cameretta. Ma sono le estasi e le apparizioni che lo colpiscono al quinto anno di età a sigillare definitivamente ciò che in paese già tutti sanno: Francesco è un santo. È lo stesso interessato a descriverle: “Mia madre spegneva il lume, e tanti mostri mi si mettevano vicini, e io piangevo. Accendeva il lume e io tacevo perché i mostri sparivano. Di nuovo lo spegneva, e io di nuovo mi mettevo a piangere per i mostri”. Quella che per tutti i bambini del mondo si chiama “paura del buio”, per il piccolo Francesco rappresenta la prova che lui ha un contatto diretto con la divinità. Anche la dedizione ai comandamenti divini rasentava l’eccesso. Una domenica, mentre camminava per le vie del paese, vide la figlia del calzolaio intenta ad applicare dei nastri ad una veste. Subito l’ammonisce di smettere perché, si sa, di domenica non si lavora. La ragazzina, che lavorava per sopravvivere e non per piacere, fece finta di niente. Allora il futuro Padre Pio, appurato che le parole non bastavano, passò ai fatti: prese delle forbici e con rapidi colpi ridusse in brandelli il vestito della povera ragazza.

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Dal 22 gennaio 1903 al 27 gennaio 1907, Francesco intraprese l’iter che lo avrebbe portato a diventare frate. Durante questo periodo, fra’ Pio doveva rimanere nel convento come tutti i suoi compagni ma, trasgredendo la regola, passò molto tempo in casa, in compagnia dei genitori. La giustificazione era una strana malattia che lo coglieva nei periodi di clausura, e che spariva appena tornava al suo paese. Una sorta di “mal di pancia” tipico degli scolari che non vogliono andare a scuola. In effetti i superiori non vedevano di buon occhio questo aspirante frate che, non appena possibile, faceva di tutto per trasgredire le regole fondamentali del noviziato. Nel 1910 ottenne il sacerdozio. Alla giovane età di 23 anni, il suo nome incominciò a viaggiare per i paesi tra Benevento e Foggia. Nel 1916 padre Pio chiese ai superiori di essere mandato nel convento dei cappuccini di Santa Maria delle Grazie, a San Giovanni Rotondo. Fu proprio in questo paesino, sulle alture del Gargano, che fece il suo miracolo più grande e incontestabile: trasformare un presunto atto divino, incarnato in lui, in un giro di denaro enorme che continua tutt’oggi. Di certo le stigmate, segno visibile della sua santità, contribuirono ad alimentare una credulità popolare che si scontrava con le posizioni ufficiali della Chiesa.

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Il turismo religioso, incentivato dalla mercificazione delle bende insanguinate del frate con le stigmate, incanalò l’isteria collettiva verso il fertile terreno del marketing. Padre Pio non disdegnava questa pratica, anzi. Disobbedendo al voto di clausura e di povertà, non perdeva occasione per intrattenere le migliaia di fedeli che accorrevano a San Giovanni Rotondo. Le sue messe duravano per più di tre ore, il convento ospitava alcuni fedeli (cosa esplicitamente proibita) e le bancarelle che vendevano le effige del santo erano tutt’altro che condannate. L’altare fu trasformato in una sorta di palcoscenico da cui il santo metteva in atto, quotidianamente, il suo spettacolo egocentrico, determinante per esercitare sui pellegrini le sue suggestioni mistiche. Padre Pio si avvalse, sin dall’inizio della sua ascesa, di due personaggi di dubbio spessore: Morcaldi e Brunatto. Il primo era un ex tenente dell’esercito che, grazie all’amicizia col frate, divenne sindaco e podestà di San Giovanni Rotondo (come esponente del partito fascista). Il sodalizio tra il misticismo e la politica ebbe inizio. Più la fama di Padre Pio si estendeva, più nascevano alberghi (la maggior parte di lusso, come si può verificare anche oggi), centri di commercio di reliquie, ristoranti, ecc.

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Il connubio tra il santo e la politica era forte e per niente velato: il 15 settembre del 1920 benedì pubblicamente la bandiera della neo-costituita Sezione combattenti, con lo scopo di sostenere la coalizione clerico-fascista e scongiurare la vittoria dei socialisti. Fatto sta che, invece, furono proprio i socialisti a vincere, sebbene di pochi voti; tra tanti miracoli eclatanti (di cui non si ha prova), ecco un miracolo che Padre Pio non riuscì a fare. La perdita economica fu scongiurata. Con l’aiuto di Morcaldi, Brunatto e del Dott. Festa, il commercio delle bende insanguinate divenne sempre più fiorente. Lo stesso Morcaldi confesserà, in un alula del Tribunale di Roma (1963) che “circolavano voci, di cui ebbi sicura notizia, secondo le quali le stigmate di Padre Pio erano da lui stesso provocate con acido nitrico e acqua di colonia, di cui potevano rinvenirsi nella sua cella 2 bottiglie”. Molto più credibile è la teoria secondo la quale le stigmate sono il risultato di un disturbo mentale, cioè di un fenomeno isterico psicosomatico. La somatizzazione spiega bene il caso di Padre Pio: il suo primo precettore ricorda che il piccolo Francesco era ossessionato dalla storia di S. Francesco d’Assisi, e non perdeva occasione di farsela raccontare. Ogni volta chiedeva al suo insegnante se “le piaghe erano vere? E buttano sangue? Proprio come se fatte con chiodi di ferro?”. Brunatto, altro personaggio cruciale nella vita di Padre Pio, visse per anni all’interno del convento, nonostante non vestisse il saio. Fu colui che più sfruttò, a fini di lucro, il fenomeno delle stigmate. Anche egli dichiarerà in tribunale: “Per oltre un anno ebbi le chiavi della cella di padre Pio per sorvegliare i ragazzi che ne facevano pulizia. Nel tavolino da notte vi erano i pannolini del costato, di cui si sbarazzava il Padre quando erano troppo impregnati. Il guardiano aveva l’ordine di bruciarli. Io preferivo prelevarne la congrua parte a farne larga distribuzione tra i fedeli”. In concreto, San Giovanni Rotondo e il convento divennero il fulcro di un traffico di reliquie.

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Al centro del business c’era anche il Dott. Festa, il medico che dichiarò le stigmate del frate opera divina e, quindi, miracolosa. Sempre durante una confessione in tribunale, Brunatto disse che “anche il sindaco (Morcaldi) e il dottor Festa venivano da padre Pio per utili personali. Esisteva una specie di commercio nero e si vendevano pezzoline intrise di sangue fino al prezzo di lire 50 mila”. Padre Pio era a conoscenza di questa attività. Ma, per chi lo ritiene un santo, capace di leggere nei pensieri, di conoscere il futuro e di avere il dono dell’ubiquità, deve essere ancora più difficile credere nella buona fede del frate di Pietrelcina. Quello che resta oggi, a più di quarant’anni dalla sua morte, è una fiorente attività commerciale che si alimenta delle speranze dei disperati. Padre Pio fu un mistico che, per colpa di estasi e suggestioni mentali sfociate in una somatizzazione, diede vita ad un giro si soldi dal quale non volle prendere le distanze. Infatti, chiese più volte al Vaticano la dispensa dal voto di povertà, coltivò il culto di sé e si guadagnò l’appellativo di “padre showman”. Un vizio tutto italiano.

Matteo Di Grazia

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