Bokassa, il Napoleone d’Africa (seconda parte)

La fine dell’imperatore cannibale di Bobangi.

L’apoteosi di Bokassa, giustificata ufficialmente con un desiderio di far ottenere al suo Paese un maggior peso sul piano internazionale, divenne invece una mascherata buona a rivelare l’imbarazzante eccentricità del dittatore. Alla cerimonia e al banchetto non volle partecipare quasi nessun leader straniero. Sfumò il sogno di ricevere la corona da parte del papa Paolo VI. In Francia si cominciò pian piano a discutere sul trattamento privilegiato che da anni veniva accordato ad un personaggio accusato delle peggiori nefandezze. Cominciò a circolare anche la voce che il neo imperatore, in omaggio alla tradizione dei suoi antenati, avesse ripreso la pratica del cannibalismo. Inizialmente, si trattava di un mormorio leggero, poi le voci divennero sempre più rumorose e cominciarono ad impensierire pure l’allora presidente francese Giscard d’Estaing, il quale amava recarsi in visita da Bokassa per fare insieme a lui delle battute di caccia.

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L’impero non sarebbe durato a lungo. L’occasione per porre la parola fine al regno di cartapesta fu data dall’ennesima forma di crudeltà del regime. Correva l’anno 1979 e agli studenti delle scuole medie il governo imperiale impose di indossare una costosa divisa scolastica. La popolazione, stremata per la fame e stufa dalle costose bizzarrie del suo imperatore, scese in piazza per contestare le politiche del governo, preoccupato più per le caratteristiche delle uniformi scolastiche che per la situazione economica. La protesta, divenuta sempre più consistente, gettò nel panico l’establishment di Bokassa. L’imperatore, che in più occasioni aveva dimostrato il suo carattere violento, tuttavia anche in quella occasione tenne meritatamente fede alla sua fama. Autorizzò l’esercito a reprimere la manifestazione con il sangue, se si fosse reso necessario. Fu una strage dove un centinaio di studenti persero la vita. Era il 17 Aprile del 1979. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il 20 Settembre dello stesso anno, la Francia, approfittando di una visita di Bokassa in Libia, intervenne con la cosiddetta “Operazione Barracuda”, un golpe che riportò al potere David Dacko.

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Qualcuno vide nell’intervento francese delle ragioni meno umanitarie e più strategiche. Bokassa non aveva mai nascosto una certa affinità con Gheddafi, ma ultimamente tale rapporto si stava evolvendo fino a minacciare gli interessi della Francia nel Ciad. Ragion per cui si era reso necessario neutralizzare una pericolosa alleanza tra l’imperatore e il leader libico. L’impero fu abolito e venne ripristinata la repubblica. Ad ogni modo Bokassa, ormai detronizzato, poté fuggire dal suo Paese il 25 Settembre grazie a un aereo militare francese e si rifugiò nella Costa d’Avorio. Anche per Giscard d’Estaing cominciarono presto i guai. Il quotidiano francese «Le Canard Enchaîné» pubblicò un articolo esplosivo dove si documentava che nel periodo in cui d’Estaing risultava ministro delle Finanze, avesse ricevuto dei diamanti in dono da parte di Bokassa.

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Per d’Estaing quello scandalo costò la rielezione del 1981 per il secondo mandato. Nel 1985 Bokassa, condannato a morte in contumacia, si trasferì con i suoi familiari in Francia. Sembrava l’avvio di un dorato e tranquillo esilio, ma non fu così. Il 24 Ottobre del 1986, l’ex imperatore, a sorpresa, riapparve nella Repubblica Centrafricana. Paracadutatosi da un aereo per organizzare un nuovo putsch, rivelatosi poi un fallimento, Bokassa fu arrestato e nel Giugno del 1987, dopo un nuovo processo, fu condannato a morte per alto tradimento, per la strage degli studenti avvenuta nel ’79 e per cannibalismo. In sua difesa egli dirà “Non sono un santo, ma non sono un cannibale”.

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La condanna fu commutata in carcere a vita, poi ridotta a una ventina di anni di carcere. Nel 1993, con l’instaurazione della democrazia, Bokassa fu graziato. L’accusa di essersi cibato di carne umana, mai pienamente provata, ma nemmeno smentita, darà una fama ancora più sinistra al personaggio che comunque trascorse gli ultimi anni della sua vita in tranquillità. In una delle ultime interviste che rilasciò, si dichiarò riconciliato con la religione cristiana e deluso dal comportamento della Francia. Il 4 Novembre del 1996, l’ormai settantacinquenne “Napoleone d’Africa” morì a causa di un infarto, nella capitale Bangui. Nel villaggio di Bobangui, le spoglie mortali di Bokassa riposano all’interno di un padiglione ligneo. Una colossale statua in bronzo con le fattezze del dittatore ha il compito di vigilare sulla tomba. Sullo sfondo si staglia il suo palazzo imperiale fatto erigere quasi cinquant’anni fa. Un grandioso progetto autocelebrativo che anno dopo anno cade sempre più in rovina. Questo è l’unico monumento che rimane del sogno patetico ed ambizioso di un imperatore di cartapesta.

Stefano Carta

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Qui, la prima parte.