La paura dell’anno mille

Secondo gli scrittori romantici dell’Ottocento il 31 dicembre dell’anno 999 il mondo si fermò, impaurito dalla fine del mondo, dall’Apocalisse di Giovanni e dalla venuta di Satana.

Dalla fredda Germania del Diciannovesimo secolo i sentimenti e le passioni del Romanticismo si diffusero in tutta Europa, come un grande focolare posto a scaldare i cuori degli inquieti europei. La ragione lasciò il posto alla fantasia, agli amori, agli odi e alle più nascoste paure. Le emozioni e gli impulsi venivano esaltati nei grandi romanzi e l’angoscia suscitata dalla paura dell’anno mille affascinava gli scrittori romantici. Si parlava di un’Europa piegata in attesa della grande catastrofe, in attesa dell’Apocalisse. Scriveva Giosuè Carducci nel 1874: “V’immaginate il levar del sole nel primo giorno dell’anno Mille? Questo fatto di tutte le mattine ricordate che fu quasi un miracolo, fu promessa di vita nuova, per le generazioni uscenti dal secolo decimo? E che stupore di gioia e che grido salì al cielo dalle turbe raccolte in gruppi silenziosi intorno a’ manieri feudali, accasciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose e nei chiostri, sparse con pallidi volti e sommessi mormoni per le piazze e alla campagna, quando il sole, eterno fonte di luce e di vita, si levò trionfale la mattina dell’anno Mille! Mille, e non più mille aveva, secondo la tradizione, detto Gesù: dopo mille anni, leggevasi nell’Apocalipsi, Satana sarà disciolto”.

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L’Apocalisse di Giovanni accostava i mille anni alla fine del mondo: “Poi vidi un angelo che scendeva dal cielo e che aveva la chiave dell’Abisso e una gran catena in mano. Egli prese il dragone, che è il diavolo e Satana, e lo legò per mille anni, poi lo gettò nell’abisso che chiuse e sigillò sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni finché fossero compiuti i mille anni, dopo i quali dovrà essere sciolto per poco tempo. Poi vidi dei troni, e a quelli che vi sedettero fu dato la potestà di giudicare, e vidi le anime di coloro che erano stati decapitati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e che non avevano adorato la bestia né la sua immagine e non avevano preso il suo marchio sulla loro fronte e sulla loro mano. Costoro tornarono in vita e regnarono con Cristo per mille anni. E quando quei mille anni saranno compiuti, Satana sarà sciolto dalla sua prigione”.

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La leggenda, costruita a posteriori dai romantici dell’Ottocento, sosteneva che tutti, nell’anno 999, credettero a questa profezia. Si raccontava di un’attesa spasmodica: chiese straripanti di fedeli che in lacrime si raccoglievano in preghiera; confessionali gremiti da poveri peccatori intenti a confessare i propri peccati; malfattori che donavano i propri beni alla Chiesa nella speranza di guadagnare un posto in Paradiso. E che, nell’attesa del giudizio universale, i ladri smisero di rubare, i coniugi di tradirsi, i corrotti di prendere tangenti. Giorno dopo giorno, preghiera dopo preghiera, digiuno dopo digiuno arrivò finalmente il 31 dicembre 999. Si era data notizia che il Papa, da una finestra del Laterano, in quella notte di San Silvestro impartì l’estrema benedizione ai fedeli, pronti a udire severe le trombe del giudizio. Allo scoccare della mezzanotte tutti si scambiarono un segno di pace, fecero il segno della croce e puntarono i loro ansiosi sguardi verso il cielo, in attesa di sprofondare negli abissi. Era una notte chiara, limpida, con una grande luna che illuminava le lucide fronti dei fedeli come se fosse giorno.

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L’Apocalisse non arrivò, Satana non si manifestò e dopo aver tirato un profondo sospiro di sollievo la gente spaurita fece ritorno nelle proprie case, stanca dalla veglia e dal digiuno. Nessuno, in realtà, in quel 31 dicembre 999 credette alla fine del mondo: i contadini avevano continuato a far provviste per l’inverno, i monaci a dare terre in affitto, i ladri a rubare. Lo stesso Papa Silvestro II, quel giorno, non si era affacciato al balcone per dare l’estrema unzione alla folla dei fedeli che l’acclamavano a gran voce, ma preparava una bolla papale per l’abate del monastero di Fulda, in Germania, con la quale esentava il monastero da ogni controllo futuro, eccetto quello della Santa Sede: “Do questo privilegio a te e a tutti i tuoi successori, a patto che in futuro ogni abate che verrà eletto venga a Roma a chiedere la conferma della sua elezione”. Nei documenti, nelle cronache cittadine e nei racconti dell’epoca nessuno descrisse di una giornata inquieta, passata con l’ansiosa attesa dei grandi eventi. Il 31 dicembre 999 trascorse tranquillo, anonimo, nella calma piatta del mondo medievale.

Stefano Poma

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