Luchino Visconti e il suo capolavoro, “Ossessione”

Settantasette anni fa, il 17 maggio 1943, due mesi prima della caduta di Mussolini, nelle sale cinematografiche italiane usciva “Ossessione” di Luchino Visconti, pellicola animata dalla duplice volontà di negare le strade percorse fino a quel momento dal cinema fascista e di indicare una via alternativa e produttiva per il futuro: il neorealismo.  

Luchino Visconti nacque il 17 marzo 1906 a Milano da una famiglia aristocratica. La madre era musicista di grande talento, e il padre, durante la sua infanzia, lo avvicinò alla passione per il teatro. Studiò violoncello per dieci anni e trascorse un breve periodo come scenografo teatrale. Aveva anche una ricca educazione classica. Nel ‘35 Visconti fu assunto come assistente dal regista cinematografico francese Jean Renoir, il quale sviluppò la sensibilità di Luchino nei confronti delle questioni sociali e politiche. “Ossessione”, suo capolavoro e film straordinario uscito nelle sale nel maggio del ’43, due mesi prima della caduta del regime di Mussolini, fu un adattamento del romanzo di James M. Cain “Il postino suona sempre due volte”, e stabilì il coronamento di Visconti e la sua fama da regista. In “Ossessione” fece recitare sia attori professionisti che residenti locali, sperimentando lo stile cinematografico con riprese a lunga distanza e sequenze incorporate con riprese in soggettiva per migliorare l’autenticità. Capolavoro del neorealismo, “Ossessione” inaugurava il filone neorealista del dopoguerra di registi di fama internazionale come Roberto Rossellini e Vittorio De Sica.

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Il film anticipa, ancora prima della caduta del fascismo e della fine della guerra, temi e stile del neorealismo. È stato girato nei luoghi stessi in cui l’azione è ambientata, mostra angoli inediti della provincia italiana (i dintorni di Ferrara) e rompe con gli schemi compositivi del cinema precedente. Ma l’elemento di maggior novità consiste nell’assunzione cosciente di modelli di riferimento inediti nel panorama del cinema italiano. Innanzitutto la narrativa statunitense dall’intreccio avvincente, dal ritmo serrato e dalla scrittura nitida e tesa. Poi, il cinema francese, e in particolare l’opera di Jean Renoir, autore che aveva fornito originali interpretazioni cinematografiche del naturalismo letterario dell’Ottocento. A tutto questo, va aggiunto il recupero del modello della letteratura verista, in particolare dei romanzi di Verga, e il ritorno di Verga divenne una delle parole d’ordine del gruppo della rivista «Cinema». L’importanza di “Ossessione” non sta solo nella scoperta di una realtà provinciale dimenticata dalla letteratura e dalla propaganda fascista, sta anche e soprattutto nell’aver saputo esprimere la necessità di nuovi modelli di rappresentazione e interpretazione.

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Cinque anni più tardi fu la volta di “La terra trema”, uno studio in stile documentario sui pescatori siciliani girato interamente sul posto e senza attori. Il film vinse al Festival del Cinema di Venezia. Tra gli altri film di Visconti va ricordato “Bellissima”, uscito nelle sale nel gennaio del ‘52 e “Siamo donne” del ‘53, entrambi interpretati da Anna Magnani. Poi “Rocco e i suoi fratelli” del ’60, “Il gattopardo del ‘63, film tratto dal romanzo di Giuseppe di Lampedusa su un aristocratico con convinzioni liberali, personaggio con cui Visconti si identificava personalmente. Nel ’67 uscì “Lo straniero”, nel ‘69 “La caduta degli dei” e nel ‘71 fu la volta di “Morte a Venezia”. Al momento della sua morte, aveva quasi finito di girare il suo ultimo film, “L’innocente”, basato sul romanzo capolavoro di Gabriele D’Annunzio. Come regista teatrale, Visconti portò le opere di autori teatrali francesi e statunitensi come Jean Cocteau, Jean-Paul Sartre, Arthur Miller, Tennessee Williams e Erskine Caldwell, e creò una compagnia di repertorio che fornì attori per tantissimi film del cinema italiano. Durante gli anni Cinquanta Visconti produsse opere di fama internazionale con la soprano Maria Callas. Combinando realismo e spettacolo, ottenne successi artistici con le produzioni de “La traviata”, “La sonnambula” e “Don Carlos”.

Federica Bellagamba

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