La Bibbia di Gutenberg

Cinquecentosessantasei anni fa, il 23 febbraio 1455, venne pubblicato il primo libro a caratteri mobili, il quale rivoluzionò il mondo dell’editoria e della cultura. 

Magonza, 23 Febbraio 1455, Peter Schöffer ed il suo socio finanziatore Johannes Fust osservavano soddisfatti la fila di volumi ammucchiati l’uno sopra l’altro. Fust si avvicinò ad uno dei libri e, quasi si trattasse di un bambino, ne accarezzò dolcemente il dorso e i piatti in pelle.  Quella meraviglia degna dei più bei codici, si stagliava agli occhi dei due soci, i quali, con sguardo rapace, pregustavano l’immensa fortuna che ne avrebbero ricavato dalla vendita. Johannes Gutenberg aveva fatto davvero un bel lavoro. La Bibbia, il più grande testo della cristianità, era stato riprodotto in quasi duecento esemplari di pregevole fattura. Gutenberg, nato a Magonza tra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400 da una famiglia mercantile, dopo anni di continui esperimenti compiuti tra Magonza e Salisburgo, era riuscito a ideare una tecnica raffinatissima per copiare un libro più velocemente di quanto facesse un amanuense. Sfruttando le sue doti di orafo ed incisore, Gutenberg creò una lega metallica composta da piombo, stagno ed antimonio, per realizzare dei punzoni con incisi in rilievo delle lettere o dei segni. Questi punzoni vennero definiti “caratteri mobili”, in quanto potevano essere riutilizzati e scambiati. I caratteri venivano posti a rovescio su una lastra in modo da ricreare la pagina di un manoscritto. Sui caratteri impregnati di inchiostro, veniva adagiato e pressato un foglio di carta grazie ad un torchio.

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Fu così che nacque la stampa a caratteri mobili. Lo stampatore tedesco non voleva creare solo una semplice copia scritta. Voleva che essa rivaleggiasse con i più bei codici miniati che vi fossero. Ciascuna pagina aveva quarantadue linee di testo disposte in due colonne per pagina, come avveniva per i messali. I capi lettera erano decorati e dipinti a mano. Il lavoro di riproduzione della Bibbia si era protratto per quasi tre anni, ma ormai era giunto al termine. Tuttavia Gutenberg non poté beneficiare a lungo della sua invenzione. Johannes Fust, il banchiere che aveva finanziato l’opera di Gutenberg con un prestito di 1.600 fiorini, citò in giudizio il suo debitore per il mancato pagamento del tasso d’interesse annuale del 6 percento sulle somme prestate. La corte, complice la testimonianza di Peter Schöffer, incisore e apprendista di Gutenberg, dette ragione a Fust, il quale, data l’impossibilità per debitore di onorare il debito, ottenne in cambio la stamperia. Schöffer e Fust insieme si prodigarono a stampare nuove opere, tra le quali il “Salterio di Magonza”. Nel mentre Gutenberg, deluso e amareggiato, aprì una piccola stamperia, ma  privo di un grande sostegno economico, la sua opera pian piano divenne sempre più marginale. Morì nel 1468, dopo alterne fortune.

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Tuttavia, il seme di una nuova straordinaria scoperta era stato ormai gettato nel solco della storia umana. Ben presto le stamperie si diffusero a macchia d’olio per tutto il resto dell’Europa. Anche l’Italia diede il suo contributo, attraverso il lavoro del tipografo Aldo Pio Manuzio. Per la prima volta, dopo secoli, il libro non era più imprigionato negli scaffali delle austere biblioteche dei monasteri o delle aule delle  università, ma avrebbe varcato le mura di queste due istituzioni cominciando a diffondere il sapere. Grazie all’intuizione di Gutenberg, la Bibbia divenne il più grande bestseller della Storia. Da quel momento, nulla sarebbe stato più lo stesso. La Chiesa, in particolare, se ne sarebbe accorta una settantina di anni dopo, quando le idee di Martin Lutero cominciarono a espandersi in lungo in largo proprio grazie a quella straordinaria invenzione che fu la stampa. Ma questa è un’altra storia…

Stefano Carta

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