Polina, l’amante di Dostoevskij

Il primo incontro tra lo scrittore russo e il suo futuro amore, Apollinaria Prokofievna Suslova, chiamata Polina.

Un incendio fugace e furibondo fu il legame passionale tra Fedor Dostoevskij e Apollinarija Suslova, che divampò durante l’ultimo periodo del primo matrimonio dello scrittore fino a pochi anni prima del secondo. Per Dostoevskij, fu in gran parte una manifestazione possente del male che serpeggia nel sottosuolo di ogni uomo, un’epifania del mistero umano che sin da giovane lo scrittore si proponeva di stemperare. Avvenne in un momento della sua vita in cui gli ideali rivoluzionari della giovinezza, perseguiti con tutti i rischi, si erano mitigati con gran sofferenza dopo le esperienze, risalenti alla metà del secolo, della reclusione e della condanna quadriennale ai lavori forzati in Siberia.

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Apollinaria Prokofievna Suslova, per i più Polina, era una ragazza di umili origini – il padre era, al principio, un servo della gleba della nobile famiglia Sheremetev, divenuto artigiano e mercante – educata da un’istitutrice, così come la sorella Nadezhda, futura prima dottoressa in medicina in Russia. Insieme frequentavano l’università di San Pietroburgo, seppur con intenzioni distinte. Polina frequentava con fervore l’ambiente universitario per spirito goliardico, più che per vocazione culturale; la figlia di Dostoevskij, Lyubov, nella biografia del padre dice di lei: “Ogni autunno entrava all’università come studentessa, senza mai in realtà aver studiato o passato alcun esame. Ciò nonostante, frequentava le lezioni, flirtava con gli studenti, li esortava continuamente a firmare petizioni, li sollecitava a partecipare ad ogni manifestazione politica”.  Era particolarmente attratta dal movimento, allo stato embrionale, dell’emancipazione femminile e dunque, aveva ben presente il significato della propria individualità e della libertà che ne derivava. Spirito esigente ed impetuoso, Dostoevskij la definirà così: “L’egoismo e l’amor proprio in lei sono smisurati. Esige dagli uomini tutto, tutte le perfezioni. Non perdona la minima imperfezione, mentre lei si esonera dai minimi obblighi verso gli altri”.

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Si dilettava nelle riunioni studentesche e prese parte ad alcune lezioni che Dostoevskij tenne al corso di lettere dell’università. Polina fu ottenebrata, oltre che dalla sua stessa idea dello scrittore, dall’entusiastica accoglienza che egli ricevette nel circolo intellettuale pietroburghese e nell’università, lasciata che ebbe la vita coniugale a Tver’- ultima traccia infelice del periodo siberiano. Dostoevskij, a sua volta, intravide un’ingenuità lucente nella lettera inviatagli dalla ragazza; la lettera, che Polina scrisse in seguito alla mancata attenzione dimostratale durante le lezioni, esprimeva l’ammirazione per lo scrittore con una certa concitazione, che irradiò anche il destinatario al punto tale da fornirle una risposta in fretta.  Iniziarono a crepitare le prime fiamme. La conoscenza divenne una relazione a tutti gli effetti, nonostante la distanza anagrafica – lui era prossimo ai quarant’anni, lei ne aveva poco più di venti.

 

Mariele Gioia Papa

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