Il voto alle donne

Settantaquattro anni fa, il 2 giugno 1946, con il referendum istituzionale tra Monarchia e Repubblica, le donne italiane furono chiamate, per la prima volta nella loro storia, al voto. Il lungo viaggio dell’emancipazione femminile: dall’Ottocento, al passaggio tra fascismo e Repubblica.

Sono numerosi gli articoli della Costituzione italiana che si occupano di garantire l’uguaglianza tra uomo e donna negli ambiti più vasti. In merito al diritto di voto tale eguaglianza si riscontra nell’articolo 48 il quale recita: “Sono elettori tutti i cittadini che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è  dovere civico. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”. Non sempre però la storia italiana ci ha regalato l’immagine di una donna che ha pari eguaglianza politica e amministrativa nei confronti dell’uomo. In realtà si è arrivati al suffragio universale a seguito di numerosi movimenti femministi attuati nel corso dei decenni. Tra l’Ottocento e il Novecento, nei Paesi europei si avviò un complesso iter per l’ottenimento del diritto di voto da garantire alla donna. Il Codice dello Stato italiano, nel 1865, stabilì una sostanziale inferiorità giuridica della donna. Nel 1899 venne istituita “L’Unione femminile”, la quale mirava a migliorare i diritti femminili. Spesso, nella rivista mensile «Unione femminile», l’associazione cercava di appoggiare le campagne a favore del suffragio e per tale motivo nel 1903 propose un sondaggio in merito. Dopo l’avvento del fascismo l’«Unione femminile» fu costretta a ridurre la sua attività e in seguito venne sciolta nel 1938.

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In quegli anni di dittatura e di guerra la donna italiana divenne sempre più importante per la vita economica del Paese. Un enorme contributo venne dato anche a livello militare, in quanto erano numerose le volontarie che si offrirono per lavorare nelle fabbriche belliche. Altre si occuparono degli ospedali, altre dei turni di pattuglia, altre ancora si infiltravano nelle amministrazioni nemiche così da poter attuare azioni di spionaggio. L’importanza assunta dalle donne in questo periodo spingeva le associazioni femministe a chiedere quel riconoscimento che ancora non avevano ottenuto. Nel Dicembre 1944, in pieno conflitto mondiale, il giornale «Noi Donne» indisse un referendum tra i propri lettori per capire quali fossero le loro posizioni in merito al suffragio femminile. Le risposte vennero pubblicate il 15 Gennaio 1945 nella stessa rivista. Il sondaggio chiedeva principalmente: “È favorevole al voto politico e amministrativo alle donne? Per quali motivi?”. Alcune risposte si riscontrano nelle parole di Palmiro Togliatti, esponente del partito comunista, e di Manlio Lupinacci, esponente del partito liberale. Il primo rispose in merito: “Senza dubbio, in senso attivo e passivo, penso che sin d’ora le donne debbano essere chiamate a ricoprire cariche pubbliche”. “E per quali motivi è favorevole al voto alle donne?”. “Per motivi generali di principio” proseguì Togliatti,  “e perché ritengo che le donne, partecipando attivamente alla vita politica, possano dare un enorme contributo alla liquidazione completa del fascismo e alla creazione di un’Italia libera, democratica, pacifica e progressiva”.

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Il secondo sostenne: “Non nascondo di sentire una certa diffidenza verso la partecipazione della donna alla vita politica, ma riconosco che tale diffidenza non ha alcun serio fondamento, perché solo istintiva, tradizionale. Dirò anzi di più e cioè che ritengo essere questa istintiva diffidenza l’unica vera base di ogni opposizione maschile. La mia ragione finisce quindi col vincere il mio istinto e coll’affermare che le donne abbiano il voto alle prossime elezioni. Ritengo che le donne debbano partecipare in piena condizione di parità con gli uomini, cioè con suffragio universale, sia alle une che alle altre. E non solo dovranno essere elettrici, ma anche eleggibili”. Nel 1945 il diritto di voto si estese anche alle donne ma vennero imposte delle restrizioni in merito in quanto esse non erano ritenute in grado di poter partecipare all’amministrazione del Paese, né tantomeno di occuparsi di politica. Palesemente si può dedurre che questa concessione è puramente formale. Per raggiungere pienamente tale diritto la donna italiana dovette attendere le elezioni amministrative tenutesi tra Marzo e Aprile del 1946, anche se la data fondamentale che ha caratterizzato il suffragio universale italiano è quella del 2 Giugno 1946, con il referendum per la scelta tra monarchia e repubblica e per l’elezione dell’Assemblea costituente. Proprio in tale occasione accadde che su 556 membri eletti 21 fossero donne e per la prima volta queste presero parte alla politica e all’amministrazione dell’Italia.

Roberta Murgia

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