L’inciucio del conte di Cavour

La spregiudicatezza e gli accordi sottobanco di Camillo Benso nel periodo precedente all’unità d’Italia.

Camillo Benso di Cavour, padre della patria, fu proprio lui ad inventare il ribaltone. L’ideologia dell’inciucio è nata con il conte di Cavour, prima della nascita del Regno d’Italia. Nell’ottobre del 1850, il nobile piemontese fu chiamato a partecipare al governo come ministro dell’Agricoltura, del Commercio e della Marina, in pieno conflitto d’interessi. Il quarantenne di Chieri, figlio del capo della polizia di Torino, era infatti un proprietario terriero ed azionista di maggioranza della Società Anonima dei Mulini Anglo-americani di Collegno, il più grande ente privato granario della penisola. Ma Cavour era molto ambizioso, puntava in alto, voleva prendere il posto del presidente del Consiglio. E ci riuscì presto, grazie alla sua spregiudicatezza.

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Per fare le scarpe a d’Azeglio, doveva cercarsi un’ampia maggioranza parlamentare, che trovò alleandosi di nascosto con quello che avrebbe dovuto essere il suo più acceso avversario politico, cioè il leader della sinistra Urbano Rattazzi. I due si incontrarono nel massimo segreto, la sera del 30 gennaio 1852, a casa dell’avvocato Castelli, uomo di fiducia del ministro. I vantaggi dell’intesa sarebbero stati consistenti per entrambi: Cavour avrebbe avuto la poltrona di capo del governo e Rattazzi quella di vicepresidente della Camera. Insomma, come biasimarli per quello strano “connubio”?

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Sotto gli occhi increduli di d’Azeglio e di molti parlamentari, si formò presto una nuova maggioranza che portò Cavour alla presidenza del Consiglio nel novembre del 1852. L’esecutivo era caduto su un progetto di legge col quale si istituiva il matrimonio civile, fortemente osteggiato dal re e dalle forze conservatrici. Un progetto di legge che non fu più presentato nel Parlamento piemontese. Naturalmente il ministero Cavour, governo di “unione nazionale” formato da forze politiche teoricamente opposte, nacque “in nome del supremo interesse del Paese”, “per il progresso civile e democratico”, per “scongiurare i pericoli che minacciavano la pacifica convivenza”…

Andrea Leccese

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