I dimenticati di Caporetto

Centotré anni fa, il 24 ottobre 1917, cominciava la terribile battaglia di Caporetto. Tantissimi prigionieri, tantissimi sconfitti italiani nella cittadina slovena che ora si chiama Kobarid, oggi riposano nei cimiteri di quello che un tempo erano gli Imperi tedesco e austriaco. Un reportage dal sacrario polacco di Grabiszyński.

“Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio…”. Sono distanti ormai più di un secolo gli echi delle battaglie del primo conflitto mondiale ed in quella che un tempo era parte dell’allora Impero tedesco e austriaco riposano nella pace del verde i corpi di oltre mille soldati italiani catturati in seguito alla battaglia di Caporetto, iniziata il 24 ottobre del 1917 e conclusasi disastrosamente con la ritirata delle truppe italiane.

Ci troviamo a Grabiszyński, nella periferia di Wroclaw (un tempo Breslau), dove ci si è spostati con l’ausilio di un tram. È Gennaio ed è una giornata stranamente calda, in cui la neve sciogliendosi ha trasformato i sentieri del vicino parco in degli acquitrini. Il cimitero è chiuso ma vi si può entrare apprendo un cancelletto. Due strade attraversano il sacrario intersecandosi tra loro e formando una piazzola al cui centro sta un obelisco con questa iscrizione: “L’Italia ai suoi figli caduti nella Guerra Mondiale MCMXV- MCDXVIII”. Il sacrario militare è stato edificato per volontà esplicita del governo italiano e fu ultimato nel 1928 in occasione del decennale della vittoria dell’Italia nel conflitto.

Un’immagine del cimitero.

“Ma in una notte trista si parlò di tradimento, e il Piave udiva l’ira e lo sgomento… Ahi, quanta gente ha vista venir giù, lasciare il tetto, per l’onta consumata a Caporetto. Profughi ovunque! Dai lontani monti, venivano a gremir tutti i suoi ponti”. Così la Canzone del Piave di Giovanni Gaeta, in arte E.A. Mario descrive la più grave disfatta subita dall’esercito italiano. «L’esercito cede, vinto, non dal nemico esterno, ma dal nemico interno» disse il generale Luigi Cadorna, capo delle forze armate, addossando così responsabilità del disastro militare sullo stesso esercito italiano, reo di essersi rifiutato di combattere.

L’obelisco.

La dodicesima battaglia dell’Isonzo trasformò la guerra italiana da offensiva a difensiva. A causa della rotta di Caporetto del 1917 si stima che oltre cinquecentomila italiani finirono nei campi di prigionia. Marchiati come dei vili da Cadorna, i prigionieri di Caporetto furono abbandonati al loro destino. Nessuna delle autorità politiche e militari del tempo si interessò, infatti, alla loro situazione. La scarsità dei viveri e le precarie condizioni igienico-sanitarie nei campi (ove la tubercolosi regnava sovrana) decreteranno la morte di almeno un quinto dei prigionieri italiani.

Cimitero dei soldati italiani a Wroclaw. La tomba di uno dei tanti “dimenticati” di Caporetto.

 

Altra tomba di un soldato italiano.

Stefano Carta

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