La battaglia di Hampton Roads, l’alba di una nuova era

Articolo tratto dal primo numero de «Il Caffè» del dieci ottobre 2020. 

La Seconda guerra mondiale segnò il tramonto del dominio marittimo delle navi da battaglia, comunemente conosciute come corazzate. A partire dalla seconda parte del conflitto la portaerei diventava la nuova padrona dei mari. Da quel momento in poi, salvo poche eccezioni (come la colossale nave da battaglia giapponese Yamato, ultimo retaggio della potenza dell’Impero del Sol Levante), le corazzate si limitarono a svolgere compiti ausiliari di supporto in qualità di batterie di fuoco mobili o di vettori di missili. La storia che vogliamo raccontare tuttavia riguarda i primi albori dell’era di questi leviatani. E per raccontarla dobbiamo tornare indietro di circa un secolo. L’idea di utilizzare il metallo per rivestire parzialmente o completamente le navi adibite ad uso bellico non era certo una novità. La banale possibilità di rendere le navi da guerra impenetrabili ai colpi delle unità nemiche solleticò spesso la fantasia degli attori in gioco. Tuttavia, le leggi fisiche remarono per lungo tempo contro possibili innovazioni in questo senso. Come ovvio, il peso specifico del metallo è notevolmente superiore a quello del legno, dunque uno scafo di metallo necessita di un sistema di propulsione piuttosto potente per far sì che l’imbarcazione possa muoversi in maniera adeguata. E, se a questo aggiungiamo il peso dell’artiglieria da montare sulla nave, ben si comprende come, a parte alcuni rari esempi (come le tekkosen giapponesi e le geobukseon coreane del XVI secolo), finché la scelta della propulsione delle imbarcazioni fu limitata ai remi o alle vele, fu impossibile varare navi corazzate. Tutto ciò cambiò radicalmente con l’avvento dei primi sistemi di propulsione a elica mediante motore a vapore sviluppati nel XIX secolo. Grazie a ciò fu possibile sviluppare le prime navi corazzate in ferro, e questa innovazione arrivava nel momento giusto vista la progettazione e lo sviluppo nella prima metà del XIX secolo dei cannoni navali Paixhans, in grado di sparare proiettili esplosivi devastanti contro gli scafi in legno. Francia e Regno Unito furono le prime nazioni a dotarsi di navi corazzate con propulsione a elica rispettivamente con La Gloire (1859) e la HMS Warrior (1860).

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Tuttavia, la prima battaglia a vedere lo scontro di navi da battaglia corazzate non ebbe come protagoniste le suddette navi. Per raccontare il primo episodio di questo tipo dobbiamo fare un balzo al di là dell’Atlantico, nel nord America. Qui, la ancora giovane nazione degli Stati Uniti d’America, che da più di mezzo secolo stava conoscendo una strabiliante crescita demografica, economica, tecnologica, culturale e democratica, a partire dall’aprile del 1861 dovette fare i conti con un terribile e sanguinoso conflitto fratricida, la Guerra Civile Americana. Scoppiato a seguito della secessione dall’Unione di diversi Stati del Sud riorganizzatisi negli Stati Confederati d’America, e della ferma volontà dell’Unione di non permetterla, il conflitto durò fino al giugno del 1865 con la vittoria del Nord, decisamente in vantaggio dal punto di vista tecnologico e industriale e, dunque, in grado di mettere in campo una potenza di fuoco ben maggiore rispetto alla Confederazione. E tale vantaggio, già presente per quanto riguarda le forze di terra ma in questo caso compensato dall’abilità degli ufficiali della Confederazione e dalla tenacia dei soldati, si rivelò ancora maggiore in ambito navale. La maggior parte degli ufficiali e dei marinai degli USA appartenevano agli Stati del Nord, nei quali la tradizione marittima era ben radicata e, all’inizio del conflitto, la quasi totalità delle forze navali statunitensi rimasero in mano all’Unione. La Confederazione si trovò dunque nella situazione di dover creare una marina militare in grado di tener testa al Nord partendo praticamente dal nulla. Peraltro, l’esigenza di contrastare la marina unionista fu tanto più urgente in quanto fin dai primi mesi del conflitto l’economia sudista, dipendente in massima parte dall’esportazione del cotone verso gli stati europei, fu strangolata da un durissimo blocco navale da parte delle navi dell’Unione.

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In questa drammatica situazione la carta vincente per il Sud fu il segretario della marina confederata Stephen Russell Mallory. Uomo acuto e capace, capì subito che in una situazione di svantaggio simile l’unica via percorribile sarebbe stato puntare sull’innovazione e sullo sviluppo di inedite tecnologie militari che avrebbero sopperito con la qualità al deficit incolmabile di quantità. In tema di innovazione nella tecnologia bellica marittima la Confederazione seguì fondamentalmente tre strade: l’armamento di moderne e agili imbarcazioni da adibire alla guerra di corsa, lo sviluppo di moderne mine marine e la costruzione di navi corazzate. Rispetto al terzo punto, già a partire dal giugno del 1861 Mallory diede disposizioni al comandante John Brooke, marinaio e geniale scienziato, di progettare una nave corazzata da impiegare a valle di Richmond, capitale confederata e dunque cuore pulsante dei CSA ma allo stesso tempo così pericolosamente vicina al confine con l’Unione e così pericolosamente esposta a eventuali attacchi condotti con l’appoggio di una flotta avente mano libera lungo il corso del fiume James. Terminato il progetto il maggior problema si rivelò la costruzione della nave corazzata. La debole industria del Sud infatti non possedeva i mezzi per uno sforzo simile. Il problema venne risolto recuperando lo scafo e le macchine della fregata a vapore USS Merrimack, incendiata e affondata dai marinai unionisti nella grande base navale di Norfolk nell’aprile precedente per evitarne la cattura da parte della Confederazione (Norfolk è sita in Virginia, stato leader dei CSA, dunque l’Unione non poté far altro che danneggiare il più possibile la base stessa e ciò che in essa veniva custodito per evitare che cadessero nelle mani del Sud immediatamente dopo lo scoppio del conflitto). Nei mesi successivi la costruzione della nuova nave procedette senza particolari intoppi, salvo il doversi accontentare per le macchine, come detto sopra, della carcassa della Merrimack, come si può immaginare piuttosto in cattivo stato e che non consentì alla futura corazzata di raggiungere alte velocità.

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Per il marzo del 1862 essa fu pronta a essere varata con il nome di CSS Virginia. Completamente rivestita di un ponte in metallo, sagomato in modo da proteggere anche le eliche e il timone, costruita secondo moderne concezioni ingegneristiche che la fecero risultare bassa e affusolata, più simile ad una sorta di lunga casa sprofondata fino al tetto che non alle navi da guerra così come erano conosciute fino a quel momento, armata di dieci bocche da fuoco tra cui due formidabili cannoni Brooke rigati, la Virginia fu salutata con entusiasmo mentre salpava da Norfolk per dirigersi, accompagnata da una ridotta squadra di una manciata di cannoniere confederate, verso l’adiacente braccio di mare conosciuto come Hampton Roads. Questa zona comprende gli estuari dei fiumi James e Elizabeth e comunica direttamente con la Baia di Chesapeake e, attraverso di essa, con l’Atlantico. Qui sulla costa settentrionale del James gli unionisti occupavano alcune importanti località strategiche, tanto più che Richmond si trovava poco più a monte e la possibilità di un attacco diretto al cuore della Confederazione era tutt’altro che remota. Il compito della Virginia era dunque aggredire la squadra navale nordista che aveva il controllo di Hampton Roads e allontanare la terribile minaccia. Lasciata la base di Norfolk intorno alle 12 dell’8 marzo 1862, nel giro di circa 30 minuti la Virginia raggiunse le navi unioniste causando inizialmente la sorpresa dei loro equipaggi, che non avevano mai visto nulla di simile, sorpresa cui fece seguito ben presto lo sconforto e il terrore nel momento in cui ci si rese conto che le bordate tirate a bruciapelo contro di essa non causavano il minimo danno ma rimbalzavano letteralmente sulla corazza di metallo. Senza degni rivali, la Virginia si lanciò letteralmente contro la flotta nemica, affondando due modernissime fregate a vapore, orgoglio della marina unionista, e danneggiando numerose altre unità senza subire danni degni di nota. Il numero delle unità affondate fu limitato solo dal calare della notte che mise temporaneamente fine alle ostilità.

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All’alba del giorno seguente la corazzata levò l’ancora per terminare il compito quando i marinai della Virginia notarono scivolare sulle acque uno stranissimo congegno mai visto prima d’ora: lo si potrebbe descrivere come una sorta di piatto metallico di forma ellissoidale sopra il quale si trovava una torretta cilindrica rotante armata di cannoni. Era la risposta dell’Unione ai progressi tecnologici confederati: la USS Monitor, prima corazzata nella marina unionista, la cui costruzione fu terminata fortunosamente negli stessi giorni della Virginia. Progettata dal geniale ingegnere svedese John Ericsson, essa risultava un insieme di soluzioni e innovazioni tanto avveniristiche da mettere in ombra persino la Virginia. La giornata del 9 marzo ebbe dunque inizio con il primo scontro diretto tra due corazzate, uno scontro durissimo e senza quartiere che vide entrambe le navi e i rispettivi equipaggi portare avanti una coraggiosa e straordinaria lotta senza quartiere. Per più di mezza giornata la Virginia e la Monitor si tempestarono di granate e manovrarono cercando di speronarsi a vicenda senza riuscire ad avere la meglio l’una sull’altra e senza danneggiarsi gravemente, sebbene risultò chiaro che la corazza, per quanto resistente, non era totalmente invulnerabile al fuoco continuo di un avversario in grado di reggere a lungo il confronto. Nel pomeriggio le due navi si allontanarono l’una dall’altra seguite dalle proprie ausiliarie determinando di fatto uno stallo. Ma se tatticamente la battaglia di Hampton Roads terminò senza un vincitore né uno sconfitto, dal punto strategico si trattò di una vittoria dell’Unione che poté mantenere il controllo di quel braccio di mare e continuare a minacciare direttamente la capitale confederata. Nel corso del conflitto altre navi corazzate furono varate dai due contendenti, in particolar modo da parte della Confederazione che tentò la costruzione di veri e propri colossi come la formidabile CSS Mississippi, un’enorme corazzata la cui costruzione nei cantieri navali di New Orleans non venne terminata a causa della conquista della città da parte dell’esercito unionista. Fu possibile utilizzare la Mississippi solo in qualità di batteria galleggiante ma la sua mera esistenza terrorizzò i vertici dell’Unione e galvanizzò gli animi dei difensori del centro nevralgico della Louisiana durante i momenti più drammatici della battaglia per New Orleans. Ma fu proprio lo scontro tra la Virginia e la Monitor, per quanto circoscritto e terminato senza un chiaro risultato, a dimostrare al mondo intero che sui mari stava iniziando una nuova era: l’era del dominio dell’acciaio.

Giacomo Carrus

 

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E buona lettura.