Vita di Quinto Orazio Flacco

Duemilaottantacinque anni fa, l’8 dicembre del 65 a.C., nasceva Orazio, il poeta guerriero del “carpe diem” che appoggiò le idee di Cesare, il grande generale calvo.

L’8 dicembre del 65 a.C.,  a Venosa nasceva Quinto Orazio Flacco. Figlio di un liberto che aveva accumulato un piccolo patrimonio col mestiere di coactor exactionum, esattore delle pubbliche aste, studiò nelle migliori scuole di grammatica e retorica di Roma, recandosi poi, intorno ai vent’anni, ad Atene per il perfezionamento tecnico. Qui Orazio entrò in contatto con dei giovani patrizi romani di idee repubblicane: fu coinvolto, così, nella guerra dei cesaricidi Bruto e Cassio, ai cui comandi si arruolò come tribunus militum, combattendo nella decisiva battaglia di Filippi (42). Si salvò miracolosamente (come lui stesso racconta, gettò lo scudo e si diede alla fuga) e riuscì a tornare a Roma approfittando del condono politico di Ottaviano. Confiscati i beni del padre, trovò lavoro come contabile nell’amministrazione statale, scriba quaestorius. Nel 39 fu presentato da Virgilio a Mecenate, di cui divenne così  amico, da ricevere in dono un podere nella Sabina: un’amicizia che finì per alimentare le invidie e le malelingue dei ricchi romani del tempo.

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Orazio, tradendo gli ideali repubblicani giovanili, abbracciò così  le cause del cesarismo: si trovò ad assecondare il programma del princeps sia sul piano politico sia su quello letterario, risultando un intellettuale sostanzialmente allineato. Nel 17 fu incaricato di scrivere il Carmen saeculare in onore di Apollo e Diana, da cantare durante i ludi saeculares: occasione particolarmente solenne, poiché in quell’anno i ludi sancivano ufficialmente l’inizio della Pax Augusta. Nell’8, Mecenate moriva: Orazio si sentì perduto, tanto che anche lui di lì a poco si spense, forse a causa di un’emorragia cerebrale. Fu sepolto proprio accanto alla tomba dell’amico e protettore, “la metà dell’anima sua”, com’egli stesso lo definì. Orazio è il poeta del carpe diem, dell’invito a godere del tempo che fugge: un’anima sorridente sì, ma inquieta, che riversa nella sua opera il tentativo di ricerca del vero e del bene.

Veronica Iorio

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