La storia dei primi italiani in Giappone (seconda parte)

Il tricolore italiano, sopra la batteria di Kanagawa, sventolava per la prima volta in terra nipponica, salutato da quindici colpi di cannone dell’esercito del Sol Levante.

L’11 luglio, il governatore di Kanagawa, Haya-kawa Noto-no-kami, s’imbarcò su un fune (imbarcazione giapponese) per recarsi a far visita al bastimento italiano. Il governatore giapponese fu accompagnato da due segretari e venne accolto sul ponte della Magenta da rulli di tamburi e dallo Stato Maggiore della nave. Haya-kawa prima di entrare nella sala di ricevimento del comandante Arminjon; seguendo le norme di una severa etichetta, fece deporre vicino all’uscio la più lunga delle loro katane, essa fu subito posta sotto la custodia della sentinella poichè è grave insulto per un samurai il toccare e l’esaminare la sua arma.

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Il comandante fece imbandire una colazione composta di dolci, frutta, vini e liquori e i giapponesi assaggiarono e commentarono tutto dimostrandosi estremamente grati. In seguito il governatore ed i suoi ufficiali visitarono il bastimento mostrandosi molto soddisfatti e interessati a quello che vedevano. Al momento dei saluti, Arminjon fece dire dall’interprete a Haya Kawa che lo avrebbe salutato volentieri col cannone, secondo le consuetudini occidentali, ma ciò implicava la restituzione della salva prima del tramonto da parte giapponese. Noto-no-kami rispose assicurandolo che le batterie di Kanagawa avrebbero risposto nel giro di un’ora, ma poichè non possedeva una bandiera italiana ne domandò una in prestito. Mentre la barca giapponese si scostava dalla Magenta, fu alzato sull’albero maestro il vessillo del Dai Nippon (Grande Giappone) salutato da una salva di 13 colpi.

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Non era passata nemmeno un’ora che una nuvola di fumo seguita da un’esplosione avvertì l’equipaggio italiano che i giapponesi avevano mantenuto la loro promessa. Il vessillo tricolore sventolava sopra la batteria di Kanagawa, e venne salutato con 15 colpi, due in più. Era la prima volta che la bandiera italiana sventolava in terra nipponica; questo avvenimento unito alle cortesie del governatore distrettuale giapponese, fu di buon auspicio per il successo della missione diplomatica presso il governo di Edo, la sacra capitale del Giappone.

Antonio Manca

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Qui, la prima parte.