L’Universale editore


Ti saluto, vado in Abissinia

Ottantacinque anni fa, l’8ย giugno del 1935, Benito Mussolini giunse a Cagliari per salutare la Divisione Sabauda, pronta a partire per l’Africa Orientale con uno solo scopo: conquistare l’Etiopia.

Lโ€™8 giugno del 1935 improvvisamente Cagliari si fermava. Da Bracciano nel Lazio, poco dopo lโ€™alba, giunse inaspettata la notizia che il Capo del Governo, Benito Mussolini, si trovava in volo, diretto verso il capoluogo sardo per salutare la Divisione Sabauda, pronta a partire per lโ€™Africa Orientale. La guerra allโ€™Etiopia non era ancora cominciata ma i giornali, riscoprendo Pascoli, lโ€™onta di Adua del 1896 e le suggestive oleografie del seducente panorama africano, convinsero gli italiani di meritare un posto al sole. Via Roma, in festa, venne trasformata in un enorme palcoscenico, mentre il soppalco fu allestito sotto le alti palme che per i cagliaritani costituivano il cuore della passeggiata alberata. โ€œIl duce a Cagliari, accolto da una moltitudine vibrante di entusiasmo e di fedeโ€, annunciava lo speaker dellโ€™Istituto Luce. Poi Mussolini prese la parola, circondato dai giovani soldati pronti a partire per lโ€™Africa, accaldati sotto i loro elmetti bianchi e lucenti, che pesanti riflettevano il sole: โ€œCamicie Nere di Cagliari! Voi avete assistito ad una superba manifestazione di forza e di disciplina in tutto degna dell’eroica e guerriera stirpe di Sardegna. Le truppe della Sabauda hanno nel loro nome la migliore parola d’ordine. Abbiamo dei vecchi e dei nuovi conti da regolare: li regoleremo!โ€.

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Tra i tanti ragazzi che quel giorno furono sedotti dal duce, dalla retorica bellicosa fascista e dalla avventurosa guerra africana, vi era un giovane studente di Giurisprudenza di ventuno anni, Paolo Pinna. Paolo, di buona famiglia borghese, era cresciuto leggendo i racconti del romanziere Rudyard Kipling. Sognava un giorno di poter visitare lโ€™esotica India descritta ne Il libro della giungla e quando da bambino il papร  Emiliano lo portava al mare, fingeva di essere Mowgli. Ma lโ€™India era lontana e molte citazioni dello scrittore britannico sembravano coincidere con lโ€™entusiasmo per la guerra africana voluta da Mussolini: โ€œA me togli ogni onore se porti via il mare!โ€. โ€œQualcosa รจ nascosto. Vai a cercarlo!โ€. โ€œPer la legge della giungla si deve uccidere solo per mangiare, o per non essere mangiati!โ€. Nel pieno dโ€™un groviglio interno di emozioni, di passioni e di voglia dโ€™avventura, Paolo partรฌ volontario per lโ€™Africa, orgoglioso di contribuire a civilizzare un popolo barbaro e convinto di andare incontro alla piรน grande impresa della propria vita. Sotto gli ordini del generale Rodolfo Graziani, il reparto di Paolo si stabilรฌ presso Dolo, un villaggio al confine tra Etiopia e Somalia.

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Immersi tra i cespugli e nascosti tra le rocce, come tante lucertole, il loro primo compito fu quello di respingere lโ€™attacco del comandante ras Destร . Le frecce degli abissini ebbero la peggio, sconfitte dai piรน moderni fucili degli italiani. Il piccolo esercito etiopico rimase intrappolato, immobile in una morsa, mentre lโ€™aviazione italiana lo annientava, lentamente, lanciandogli sopra centinaia di bombe. Gli italiani dovettero lasciare gli altipiani sui quali erano assiepati e scendere a valle, eliminare i pochi soldati etiopici sopravvissuti e poi puntare su Neghelli. Al loro arrivo, trovarono una cittร  fantasma. Lโ€™aviazione, anche in quel caso, li aveva preceduti. Ovunque vi erano cadaveri, case distrutte e uno sgradevole odore di bruciato. Paolo si accorse che lโ€™avventura che stava vivendo non era come quelle dei racconti di Kipling.

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Nessun lupo aveva salutato il sole, ululando al tramonto; nessuna Mamma Lupa gli aveva affidato i propri cuccioli prima di andare a caccia e nessun grosso e spaventoso leone gli aveva offerto la propria grotta per ripararsi dalle intemperie. L’8 febbraio del โ€™36, tre mesi prima della conquista dellโ€™Impero, Paolo scrisse una lettera al padre, la quale terminava cosรฌ: โ€œCaro padre, qui non cโ€™รจ Mowgli. E se cโ€™รจ, questi non sono ioโ€. Ripose la lettera dentro una piccola valigetta di cartone e lasciรฒ la sua tenda, per osservare il grande sole africano che tramontava. Una freccia lo colpรฌ allโ€™addome. Si accasciรฒ al suolo, coperto dallโ€™alta erba nerastra, mentre alcuni animali selvaggi si avvicinavano furtivamente al suo corpo ormai senza vita, che in una radura dellโ€™altopiano di Neghelli aveva lasciato i sogni di avventura e i suoi ventidue anni.

Stefano Poma

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