La scuola e il nostro futuro

Articolo tratto dal primo numero de «Il Caffè» del dieci ottobre 2020. 

“I fondi europei per la ripresa dopo la pandemia da Covid-19 sono un’occasione unica per i singoli Stati e per la stessa Unione, da non sprecare di fronte alle generazioni future”. Parola del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenuto a Cernobbio al workshop The European House Ambrosetti. Il Presidente Mattarella si è espresso in modo chiaro e lo ha fatto, come sempre, da uomo delle Istituzioni, nel pieno rispetto (atteggiamento ormai desueto nella società come nella politica) del proprio ruolo e delle scelte fatte dal Governo.  L’emergenza è tuttavia talmente grave che ha reso necessaria una presa di posizione netta sia da parte del Presidente della Repubblica, sia da parte della Presidente del Senato, entrambi preoccupati per i giovani e il loro futuro. Ovviamente l’emergenza Covid non è imputabile al Governo, ma la gestione dell’emergenza condotta in modo troppo autoreferenziale, con una conseguente incapacità di confronto con le aule Parlamentari, tutto questo è responsabilità di chi ci governa. Dal dicembre 2018 con la legge finanziaria non viene dato il dovuto spazio alle aule parlamentari, non si discute, non si vota, si agisce a colpi di DPCM e voti di fiducia. L’emergenza, invece, impone un atteggiamento ben diverso, più umile, meno supponente e una visione di insieme che solo il confronto con gli alleati e le opposizioni può garantire. Esattamente ciò che le due più alte cariche dello Stato, due garanti della democrazia, stanno ricordando da mesi. Flatus vocis… Anche l’ultimo decreto “semplificazione” è stato posto alla fiducia, altrimenti non avrebbe superato il voto delle Camere, data la frammentazione delle forze che sostengono il governo. L’autoreferenzialità è una minaccia per qualsiasi realtà complessa, lo è ancor di più nella conduzione di un Paese in epoca di pandemia. Il rischio che si corre qual è? Semplice: condannare il Paese ad un debito senza precedenti che le generazioni future non potranno ripagare. E non sono solo le due più alte cariche dello Stato a parlare.

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Pochi giorni fa il dott. Draghi ha ritenuto doveroso avvisare il Governo, e i cittadini, che «i sussidi servono a sopravvivere, a ripartire», ma, quando si esauriranno, il rischio è che ai giovani resti «la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e i loro redditi futuri». Parole che pesano e interpellano le nostre responsabilità soprattutto dopo la nota che la Corte dei conti ha inviato al Parlamento. La Corte dei conti ripete esattamente gli allarmi lanciati dal Presidente della Repubblica, dalla Presidente del Senato e dal dott. Draghi. In estrema sintesi “Come già osservato in occasione delle precedenti manovre finanziarie, in un contesto di emergenza sanitaria quale quello che stiamo attraversando, la politica di bilancio è chiamata a giocare un ruolo indispensabile”. E la Corte dei Conti non fa mistero che la scelta di procedere ad erogazioni e ad indennità diffuse è altamente rischiosa perché, come ogni logica di assistenzialismo indiscriminato, non pone le premesse per ripagare il debito e rilanciare il Paese, soprattutto in un contesto di emergenza. Un giudizio aggravato dalla chiara mancanza di progettualità. Difatti tali misure “si innestano in un contesto normativo già frammentario e disorganico che richiederebbe, invece, una riconsiderazione complessiva al fine di costruire assetti normativi efficaci e stabili, evitando il ricorso a interventi che non contribuiscono a risolvere strutturalmente i problemi, ma si limitano a differirli. Essi mancano di un respiro sistematico e ciò non può che creare incertezza nelle amministrazioni”. Parole chiare e inequivocabili. Una politica di assistenzialismo e di mancanza di visione d’insieme sono gli errori più banali che un general manager potrebbe compiere. Se poi alle mancette si aggiunge l’incompetenza, il rischio del tracollo si fa sempre più reale. Sarebbe imperdonabile condannare i giovani a pagare gli errori di una generazione di adulti (e siamo noi) egoisti, superficiali, incoscienti e autoreferenziali. Al Premier Conte e al Governo i messaggi sono giunti forti e chiari, i cittadini sono informati dei fatti. Questo non deve avere il sapore del ricatto elettorale, deve anzi divenire richiamo ad un senso di responsabilità che tiene deste le coscienze e, soprattutto, invoca in queste ore dal Premier un gesto di responsabilità.

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Ora occorre un gesto coraggioso: abbandonare le tattiche elettorali e raccogliere il patrimonio della più ampia trasversalità politica delle opposizioni e delle forze del Governo, ovviamente quelle che antepongono a tutto l’interesse maggiore dei cittadini. In un tale contesto stridono le dichiarazioni del Ministro Di Maio che, per fare campagna elettorale, invita i cittadini a votare amministratori competenti che sappiano gestire tutti i milioni di euro che arrivano dall’Europa. Affermazioni che risultano inammissibili agli economisti, ai giuristi, agli imprenditori, a chi può vantare anni di esperienza di buona gestione. I danari pubblici non appartengono mai ai governanti che sono chiamati solo a gestirli nell’interesse dei cittadini; ancor più i soldi dell’Europa che non è una società finanziaria bensì un creditore. Il creditore dei nostri giovani per almeno tre generazioni. L’epilogo della superficialità che alimenta la discriminazione. I giovani vanno invece messi al centro di ogni riflessione per rimettere in moto i loro percorsi formativi», parola di Mario Draghi, non certo un pivello.
Ecco allora perché occorre far ripartire il diritto all’istruzione per tutti gli 8 Mln di studenti. È evidente a tutti che il sistema scolastico, da iniquo, oggi si avvia a diventare un sistema che fa del diritto all’istruzione un privilegio. Mancano gli ambienti: per il 15% di allievi non c’è la scuola e “occorrono tre mila edifici” come dichiarò la stessa Ministra Azzolina il 26/06; mancano i docenti: 85 mila le cattedre vacanti. In queste ore i Presidi dichiarano che servono 20mila aule per 400 mila studenti; intanto le scuole pubbliche paritarie, unici presidi di libertà in certe zone d’Italia, hanno chiuso: il sito www.noisiamoinvisibili.it ha censito le 100 scuole che hanno chiuso e per 3.800 allievi non c’è, nelle vicinanze, nessuna scuola disponibile ad accoglierli; insomma, senza ambienti, senza docenti, con un reale problema per i mezzi di trasporto, è chiaro che il diritto all’istruzione per quel 15% pari a 1.139.000 allievi non può essere garantito. È evidente che per le classi sociali più avvantaggiate economicamente non sussiste il problema: potranno pagare la baby-sitter, potranno permettersi le homeschooling ecc.

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Quindi il risultato è che il povero avrà sempre meno strumenti di pensiero, non riuscirà ad emanciparsi, rimarrà legato da una logica di assistenzialismo sociale, mentre il ricco avrà sempre più la capacità di comprendere se stesso, gli altri e la storia, e potrà comandare. Il diritto all’istruzione va garantito in quanto dà a tutti gli stessi strumenti per partecipare alla vita civica e per favorire la tolleranza, il rispetto, la pace tra i popoli: in sintesi contribuire consapevolmente al miglioramento della società. La logica e l’onestà intellettuale impongono che, se la Ministra considera le scuole paritarie come una delle due gambe del sistema nazionale di istruzione, deve immediatamente – acquisiti i dati del fabbisogno di aule, arredi e docenti delle 40 mila sedi scolastiche statali – stipulare patti educativi con le scuole paritarie. Dovrà rendere conto del perché non l’ha fatto, non solo lei, ovviamente, ma tutto il Governo. I Patti educativi si potranno tradurre concretamente nelle seguenti opzioni: a) si sposti una classe (allievi e docenti) dalla statale alla paritaria vicina; e/o b) si destini a quel 15% di allievi delle statali che non potranno più frequentarle, una quota capitaria che abbia come tetto massimo (ben inferiore agli 8.500 euro annui!) il costo medio studente o il costo standard di sostenibilità per allievo. Vale la pena riportare integralmente un passaggio dell’intervento del Presidente Mattarella: «I cittadini vivono con ansia il presente e guardano al futuro con incertezza: il processo di varo del piano di ripresa deve procedere con grande rapidità per rendere disponibili le risorse già all’inizio del 2021». «La preparazione dei piani nazionali di rilancio da sottoporre agli organi comunitari deve avvenire con sollecitudine: entra in gioco per i singoli stati il valore delle responsabilità. Agli stati membri viene offerta una possibilità unica di disporre di risorse consistenti per riforme strutturali in grado non solo di uscire dalla crisi ma soprattutto assicurare prosperità e benessere per le future generazioni, con un modello di crescita nuovo e più sostenibile. Non a caso si chiama piano per la nuova generazione, perché l’obiettivo vuol essere quello di tracciare un orizzonte sostenibile per le giovani generazioni».
Dalle parole del presidente nasce l’invito al Premier Conte perché raccolga questo patrimonio politico, economico e, in una sana collaborazione con tutte le forze politiche e della società, faccia ripartire il diritto all’Istruzione per tutti gli 8 Mln di studenti nelle 52 mila sedi scolastiche statali e paritarie senza sprecare 10 Mld di euro di debito per una assurda politica volta a mantenere una scuola anacronistica e monopolistica. Una parte degli alleati e le opposizioni in modo trasversale hanno compreso l’urgenza della situazione e la soluzione da mettere in campo. Semmai servisse ricordiamo che in Europa la collaborazione fra scuole statali e paritarie è in atto da decenni: si isti et illae, cur non nos?

Suor Anna Maria Alfieri

 

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E buona lettura.