L’Europa tra le due guerre

Articolo tratto dal quarto numero, primo mensile de «Il Caffè» del trentuno ottobre 2020. 

La prima parte del ventesimo secolo è stata attraversata da due grandi ideologie: il nazionalismo e il socialismo, che hanno influenzato in modo determinante la storia del “vecchio continente”. Se il nazionalismo è infatti tra le cause del primo conflitto mondiale (l’assassinio dell’ Arciduca Francesco Giuseppe a Sarajevo fu la classica “goccia che fece traboccare il vaso” ma sono stati i nazionalismi esasperati nella regione balcanica ad armare i fucili delle potenze europee…..), il pensiero socialista ha condotto invece Vladimir Lenin a progettare il colpo di stato, passato alla storia con il nome di “Rivoluzione di Ottobre”, che fece cadere in Russia il governo provvisorio di Kerenskij instaurando al suo posto il governo dei Soviet, da cui nacque poi l’ Unione Sovietica. Terminata la “Grande Guerra” l’Europa visse un momento di crisi che non risparmiò neppure le nazioni vincitrici, Regno d’ Italia in primo luogo che tra il 1919 ed il 1920 attraversò il “biennio rosso”, dove i disordini fomentati dalle forze socialiste portarono il paese sul’ orlo della guerra civile. La crisi dello stato liberale, ormai usurato dopo sessant’ anni di governo della stessa classe dirigente, spalancò le porte al fascismo di Benito Mussolini che inizialmente con il “Programma di San Sepolcro” aveva provato a cambiare l’Italia partendo da sinistra ma dopo il clamoroso insuccesso alle elezioni del 1919, aveva virato con decisione a destra. Nascono così le squadre di azione fasciste guidate dai Ras (un nome che voleva omaggiare i signori della guerra etiopi) che tutelano la borghesia e soprattutto i grandi proprietari terrieri che sostengono e finanziano a loro volta il movimento fascista per proteggersi dalla violenza socialista.

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Quando poi Gabriele d’ Annunzio, terminata l’impresa di Fiume, si ritira a vita privata rinunciando al suo appuntamento con la storia è chiaro che l’uomo della provvidenza poteva essere solo “il figlio del fabbro di Predappio”. E non fu un colpo di stato (la tanto celebrata “Marcia su Roma”), come in molti pensano ancora oggi ma un’abile manovra parlamentare, che vide il futuro Duce trattare con tutti i maggiori politici di quel tempo, a convincere il Re Vittorio Emanuele III a conferire l’incarico di formare il nuovo esecutivo proprio a Benito Mussolini. Per circa quattro anni il fascismo governa con gli altri partiti durante quella che gli storici hanno definito fase pseudo/parlamentare del regime sino a quando, dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti e l’”Aventino” delle opposizioni, Mussolini rompe ogni indugio e con le leggi “fascistissime” tra il 1925 e il 1926 elimina ciò che rimane ancora del moribondo stato liberale, inaugurando la dittatura. Il pericolo socialista spaventa l’Europa non poco e rafforza i partiti nazionalisti; avviene anche in Germania dove la Repubblica di Weimar guidata dal partito Socialdemocratico, nel frattempo convertito ai valori borghesi, deve affrontare l’insurrezione della “Lega di Spartaco”, un movimento comunista che annovera tra i suoi leaders Rosa Luxemburg e Karl Liebknett. E sarà esclusivamente grazie all’ aiuto dei “Freikorps” (cd. “corpi franchi”), unità paramilitari costituite da ex militari e combattenti di destra che la giovane repubblica riuscirà a superare la grave minaccia. Monaco di Baviera verrà addirittura governata per un breve periodo da un soviet locale (che si ispirava a quelli sorti in Russia…) ma poi le forze governative e non, porranno fine all’ esperimento riportando l’ordine nella regione. Se in Germania non si afferma un regime autoritario dopo la guerra si deve al fatto che l’esercito e i suoi generali appoggiano la Repubblica ed escludono per il momento di sostenere svolte non democratiche. Nel frattempo un ex caporale austriaco inizia a frequentare una birreria di Monaco dove si svolgono le riunioni del Partito Tedesco dei Lavoratori e scopre di essere un “vero animale politico”, un oratore con un grande carisma capace di “ammaliare” folle adoranti di persone. Si chiamava Adolf Hitler e in pochi anni fonda il Partito Nazionalsocialista, ipernazionalista e ferocemente antisemita, che tenta nel mese di Novembre del 1923 un colpo di stato proprio nella capitale della Baviera, il “Putsch della Birreria”, ma senza successo al punto che viene arrestato e rinchiuso nella prigione/fortezza di Landsberg.

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Durante i mesi trascorsi in carcere il giovane Hitler detta al suo segretario Rudolph Hess il “Mein Kampf” (“La mia battaglia”) dove racconta la sua vita e traccia il suo programma politico. Il libro passò inizialmente inosservato per poi diventare un “bestseller internazionale” quando il nazismo si affermò con prepotenza tra gli elettori tedeschi. Furono il crollo della borsa di Wall Street, a New York, nell’ Ottobre del 1929 e la successiva crisi economica che raggiunse l’Europa a “splancare le porte” del potere ai nazionalsocialisti. Dopo il Trattato di Pace di Versailles i paesi vincitori, soprattutto Inghilterra e Francia, pretesero dalla Germania il pagamento di fortissime indennità di guerra che avrebbero piegato la sua già “malconcia” economia se le banche americane non avessero soccorso la Repubblica di Weimar con ingenti prestiti di denaro. Crollata la borsa americana, le banche d’ oltreoceano pretesero la restituzione dei prestiti dalle banche tedesche che erano impossibilitate a soddisfare tali richieste e quindi fallirono. La disoccupazione arrivò a livelli mai visti come peraltro anche l’inflazione, il popolo soffriva la fame e Hitler con i suoi accoliti ebbe buon gioco a conquistare una fetta importante dell’elettorato; individuò un nemico da combattere: gli Ebrei, che furono accusati delle peggiori nefandezze e della tragica crisi economica che aveva colpito il paese. Le SA con le loro camice brune fecero il “lavoro sporco”, picchiando e bastonando i “nemici politici”, comunisti e socialisti in particolare, e terrorizzando parte della popolazione. Già nel 1930 i Nazisti videro aumentare notevolmente i loro consensi ma l’anno decisivo fu il 1932, con ben tre appuntamenti elettorali. Tra il mese di Marzo e quello di Aprile si svolsero infatti le elezioni presidenziali dove Hitler partecipò sfidando il Presidente uscente Paul Von Hindenburg che riuscì ad essere confermato solo grazie all’appoggio di tutte le altre forze politiche. Ma furono le successive elezioni per il Parlamento a sancire la vittoria del Partito Nazionalsiocialista che si affermò come prima forza del paese, sebbene con una maggioranza solo relativa.

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Poiché Hindenburg si rifiutava di nominare cancelliere Hitler (che definiva sprezzantemente in privato, un semplice “caporale boemo”) e da parte sua Hitler non accettava incarichi diversi da quello di capo del governo, si creò una situazione di stallo che portò ad un secondo scioglimento del Reichstag e a nuove elezioni che registrarono per i nazisti un forte riduzione dei consensi ottenuti in precedenza. Il 1933 inizia con il Partito di Hitler in piena crisi, le sue finanze sono infatti prosciugate dalle campagne elettorali dell’anno precedente, i militanti disillusi non rinnovano la tessera: “la tattica del tutto o niente” sembra non convincere più i Tedeschi. E invece, accade il miracolo, l’ex cancelliere Franz Von Papen cerca di tornare al governo “detronizzando” il cancelliere in carica Kurt Von Schleicher e si avvicina proprio al caporale boemo per cercare un alleato e un aiuto. Gli offre prima il vice/cancellierato ma davanti al suo rifiuto accetta di proporre ad Hindenburg la nomina di un governo Hitler che vedrebbe proprio lui come garante dell’accordo nel ruolo di vice/cancelliere. Questa volta il vecchio presidente accetta e il 30 Gennaio 1933 Adolf Hitler, nato in Austria a Braunau am Inn il 20 Aprile 1889 ma ormai tedesco a tutti gli effetti, viene nominato cancelliere della Germania. Ci vollero pochi mesi perché l’ordinamento democratico della Repubblica di Weimar venisse completamente smantellato per inaugurare una dittatura vera e propria che culminò l’anno successivo quando, dopo la morte di Hindenburg, Hitler riunì nella sua persona la carica di Capo del Governo e di Capo dello Stato. Come abbiamo visto Hitler e Mussolini raggiunsero il potere senza colpi di stato, ma in modo perfettamente legale approfittando del particolare momento storico e delle indubbie circostanze favorevoli che si presentarono davanti a loro : se per il Duce furono “la paura del comunismo” e la crisi dello Stato liberale italiano, per il Furher si trattò invece della grave crisi economica che aveva impoverito larghi strati della popolazione e della voglia di rivincita che i Tedeschi avevano dopo le umiliazioni patite a causa del Trattato di pace di Versailles. In Russia gli eventi si svolsero diversamente: dopo l’abdicazione dello Zar Nicola II e la caduta dell’Impero, ci furono sette mesi di democrazia apparente dove si alternarono i Governi del Principe di L’vov e poi del socialista rivoluzionario Kerenskij, sino a quando Lenin prese il potere con la Rivoluzione di Ottobre approfittando dell’anarchia in cui era caduto il paese.

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Il colpo di stato non venne supinamente accettato da tutti e fu combattuta una terribile e sanguinosa guerra civile tra l’”Armata Rossa” guidata da Leon Trotskij e l’”Armata Bianca” guidata a sua volta da generali ancora fedeli al regime zarista come Kolciak, Denikin e Kornilov. Solo dopo la sconfitta definitiva dei” bianchi” nasce nel 1922 l’Unione Sovietica ma la salute di Lenin peggiora velocemente e dopo una serie di colpi apoplettici il leader russo muore nel Gennaio del 1924. Tra i colonnelli del partito si afferma prepotentemente Stalin, l’uomo d’acciaio, un Georgiano nato a Gori che grazie alle sue capacità organizzative e alla sua scaltrezza si “sbarazza” di tutti i rivali e si afferma come il nuovo dittatore del paese, un vero e proprio “Zar Rosso”. Il potere assoluto di Stalin non sarà immediato, occorre attendere il 1929 perché si consolidi del tutto e raggiunga l’efferatezza e la crudeltà che tutti conosciamo ma i semi vengono già gettati dopo il funerale di Lenin (per le purghe nell’ esercito e nel partito bisognerà infatti attendere la metà degli anni 30, dopo il suicidio dell’amata moglie Nadia e l’omicidio del suo delfino Sergey Kirov a Leningrado, ma a quel tempo l’autorità di Stalin nel paese sarà veramente incontrastata). Ricordare le cause che portarono al Governo il Fascismo e il Nazismo (e anche il Comunismo) è molto importante, soprattutto oggi quando assistiamo in Europa a pericolosi rigurgiti nazionalisti e xenofobi che insieme alla crisi economica, la più grave dal 1929 non a caso, stanno favorendo l’ascesa di movimenti sovranisti e populisti che si fanno promotori di una politica dall’ indubbio “sapore fascista”. E se un vero genio della comunicazione come Joseph Goebbels basava la propaganda nazista sull’ attacco agli Ebrei, non possiamo dimenticare oggi che forze politiche come la Lega di Salvini in Italia e il Rassemblement National di Marine Le Pen in Francia basano la loro propaganda sull’ attacco agli immigrati, considerati ormai il capro espiatorio di ogni male. Dobbiamo quindi conoscere la storia non solo per comprendere il presente ma anche e soprattutto per non commettere più gli stessi errori del passato che hanno condannato a morte milioni di persone.

Marco Mensi

 

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E buona lettura.