La discesa in campo

Ventisette anni fa, il 26 gennaio 1994, Silvio Berlusconi annunciava, con un videomessaggio, il suo ingresso in politica, promettendo “per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano”. Ma, soprattutto, per i suoi.

«L’Italia è il Paese che amo…». Così, il 26 Gennaio del 1994 esordiva l’uomo che, sorridente, non staccava gli occhi dalla telecamera che aveva il compito di riprenderlo, catapultandone l’immagine dentro gli schermi televisivi di milioni di telespettatori. Quell’uomo era perfettamente a suo agio con il mezzo televisivo. Elegante e sbarbato, Silvio Berlusconi, da navigato uomo qual era, sapeva come ammaliare il suo uditorio; e lo faceva con la maestria di un incantatore di serpenti. «Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà. Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare».

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Berlusconi, nato a Milano il 29 Settembre del 1936, candidandosi per le elezioni politiche, si presentava nella veste del salvatore della patria, di un’ancora di salvezza per quell’esercito moderato, orfano della Prima Repubblica. Una repubblica che le inchieste del Pool di “Mani Pulite” stavano facendo a pezzi. Forza Italia sarebbe stato il nome di quella forza politica di cui Berlusconi voleva farsi portavoce. I grandi successi nel campo imprenditoriale ed editoriale, le affermazioni in campo sportivo alla guida del Milan, ne facevano l’interprete ideale dell’uomo vincente. L’onorificenza di “Cavaliere del lavoro”, ricevuta nel 1977 per mano del Presidente della Repubblica Giovanni Leone, davano a Berlusconi la fama di uomo laborioso.

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L’Italia che lui tanto diceva di amare, meritava quindi un uomo dalla visione ampia, liberale da contrapporre a quella parte politica che dopo la caduta del muro di Berlino aveva apparentemente messo da parte Marx, indossando la rassicurante maschera del progressismo. Ma anche il Cavaliere, di maschere pareva indossarne parecchie.  Da qualche anno cominciavano a circolare alcune strane voci sulle fortune imprenditoriali di Berlusconi. Queste voci venivano avvalorate dall’appartenenza del personaggio alla Loggia massonica “Propaganda 2”, coinvolta in molti dei fatti oscuri dell’Italia repubblicana.  Alcuni imputavano la discesa in campo di Berlusconi alla rovinosa caduta di Bettino Craxi, suo nume tutelare, dall’Olimpo della politica.

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Pochi avrebbero indovinato che quel videomessaggio, abilmente orchestrato  come un prodotto di marketing, sarebbe stato l’inizio di una stagione dove il Cavaliere avrebbe avuto un ruolo centrale nelle vicissitudini dell’Italia: quattro governi presieduti, i numerosi avvisi di garanzia ricevuti, i processi penali, le accuse di connivenza con la mafia, le polemiche, gli scandali come il Ruby-gate, le gaffe internazionali, le alleanze con la Lega Nord, la partecipazione ai conflitti in Afghanistan ed in Iraq, l’amicizia con Vladimir Putin e tanto altro, nel ventennio berlusconiano caratterizzato dall’alternanza dei governi di destra e di sinistra.

Stefano Carta

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