L’Universale editore


L’ALMANACCO DE «il Caffè»: 1982, veniva assassinato il gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa

  • Aveva subito richiesto alcuni mezzi per poter agire come avrebbe voluto, ma non li ottenne.
  • La mattina successiva sul luogo della strage apparve una scritta «Qui è morta la speranza dei palermitani onesti».
  • E mentre si consuma la strage, la cassaforte di villa Pajno, sede della Prefettura dove alloggiava il generale venne aperta e svuotata. L’episodio non verrà mai chiarito.

Tutta l’Italia e in particolare, Palermo, oggi ricorda una delle figure-simbolo della lotta alla criminalità organizzata, il gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, assassinato il 3 settembre 1982 a Palermo in via Isidoro Carini. In quell’attentato persero la vita anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. Il generale dei Carabinieri era stato mandato in Sicilia per contrastare la mafia. Quel 1982 i progressi nella lotta contro Cosa Nostra avevano portato a un vero e proprio bagno di sangue in quegli anni in cui la mafia aveva dichiarato guerra allo Stato. Il gen. Dalla Chiesa fu assassinato appena cento giorni dopo essere stato nominato prefetto di Palermo. Fu raggiunto da un commando che, adottando una tecnica paramilitare, aprì il fuoco con un Kalašnikov AK-47 contro il generale e sua moglie, in via Carini, mentre tornava a casa dalla Prefettura a bordo della sua Autobianchi A112, scortato a breve distanza da un’Alfetta di servizio guidata dall’agente Domenico Russo. Due auto, una Fiat 131 e una Bmw, strinsero la vettura del prefetto contro il marciapiede e sventagliano gli occupanti a colpi di kalašnikov. Dalla Chiesa aveva chiesto immediatamente alcuni mezzi per poter agire come avrebbe voluto, ma non li ottenne… Quella mattina Palermo si risvegliò ferita e la mattina successiva nel luogo della strage apparve una scritta, «Qui è morta la speranza dei palermitani onesti» che risuonò come la summa dello stato d’animo di un’intera città dopo l’ennesimo sangue versato.  E mentre si consuma la strage, la cassaforte di villa Pajno, sede della Prefettura dove alloggiava il generale venne aperta e svuotata. L’episodio non verrà mai chiarito. Il cardinale Salvatore Pappalardo nel giorno dei funerali usò frasi forti e di condanna nei confronti delle istituzioni che parafrasando il discorso di Tito Livio su Sagunto, disse «Mentre Roma discute, Palermo è espugnata». Trentanove anni resta immutato il sentimento di legalità di gran parte dei cittadini nel commemorare figure come il generale Dalla Chiesa. Il Pm Nico Gozzo nella sua requisitoria del 2002 affermò chiaramente: «Carlo Alberto Dalla Chiesa fu catapultato in terra di Sicilia privo di una effettiva e corale volontà dello Stato di porre fine al fenomeno mafioso. (…) “Cosa Nostra” ritenne di poterlo colpire impunemente perché impersonava soltanto sé stesso e non già, come avrebbe dovuto essere, l’autorità dello Stato»

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