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L’almanacco de «Il Caffè»: 1994, scompare Gian Maria Volonté.

Gli esperti sono concordi nel ritenerlo l’attore più completo del cinema italiano del ‘900. Il regista Francesco Rosi disse di lui: «ruba l’anima ai suoi personaggi»

Nato a Milano, suo padre si arruolò nella milizia fascista e alla fine della guerra finì in prigione con l’accusa di aver assassinato alcuni partigiani. Un’eredità decisamente pesante per il giovane Volonté con idee politiche decisamente differenti. Lasciò gli studi dedicandosi a diversi lavori per aiutare la madre e il fratello, tra cui il raccoglitore di mele in Francia. Appassionatosi alle letture di Camus e Sartre, nel 1954 s’iscrisse all’”Accademia Nazionale d’Arte Drammatica” di Roma, per studiare recitazione. Il suo talento innato lo portò ad ottenere il primo ruolo nello sceneggiato televisivo «La foresta pietrificata» quando era ancora studente. Il ruolo da protagonista arriva nel 1962, col film di denuncia «Un uomo da bruciare». Poi giunse la fama internazionale grazie al ruolo di cattivo negli “spaghetti western” di Sergio Leone, «Per un pugno di dollari» e «Per qualche dollaro in più». Fermamente convinto che il cinema, come la cultura, fosse soprattutto impegno civile, dopo lo strepitoso successo di «A ciascuno il suo» (che gli valse il primo Nastro d’argento come “miglior attore protagonista“) si dedicò esclusivamente alle pellicole di denuncia, trovando in Elio Petri e Francesco Rosi i registi ideali. Con loro diede il meglio di sé in opere come «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto» (premiato con il “David di Donatello”), «Uomini contro» (1970), «La classe operaia va in paradiso» (1971), «Il caso Mattei». Morì improvvisamente a Florina, in Grecia, durante le riprese del film «Lo sguardo di Ulisse» di Theo Angelopoulos. Le sue spoglie riposano, come da sua volontà, sotto un albero nel piccolo cimitero de La Maddalena, in Sardegna, luogo che lui amava dopo aver frequentato il “Centro velico” di Caprera!

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