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Da un’idea di Eugenio Scalfari, dopo l’esperienza del settimanale “L’Espresso” . Il suo formato tabloid fu innovativo e lo avvicina alla stampa anglosassone non solo nella maggiore maneggevolezza, bensì anche nel modo stesso di comunicare.

L’obiettivo del fondatore era contendere il primato al “Corriere della Sera” con una marcata caratterizzazione politica, inquadrabile nella sinistra laica e progressista, arrivando a prendere posizione su aspetti cruciali della società italiana, creando di fatto un’opinione pubblica che si rispecchia fedelmente nell’ideologia del giornale e del suo fondatore. La scelta del nome “la Repubblica”, richiamava il senso patriottico e istituzionale del termine.
Il progetto piace tanto all’editore Carlo Caracciolo e alla Mondadori che finanziarono per metà l’impresa. La sede centrale fu fissata in via dell’Indipendenza, dove iniziano a lavorare grandi firme come Giorgio Bocca, Sandro Viola, Mario Pirani, Miriam Mafai, Barbara Spinelli, Natalia Aspesi e Giuseppe Turani più una cinquantina di giovani alle prime armi. La prima pagina si aprì con un’intervista dello stesso Scalfari con il segretario del PSI, Francesco De Martino, sulla crisi di governo e sui rapporti con il P.C.I. di Enrico Berlinguer. Al centro la notizia dell’incarico di governo conferito ad Aldo Moro, sotto un articolo di Bocca sul rischio fallimento della fabbrica Innocenti. L’esordio fece un boom di vendite: 300mila copie. Un’altra innovazione fu la vignetta di Giorgio Forattini impaginata nell’area dei commenti fino a guadagnarsi presto la prima. Negli anni ’80 la società passa a Carlo De Benedetti, che riunisce “la Repubblica” ed “l’Espresso” in un unico gruppo editoriale.

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Autore

ste.poma84@hotmail.it

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