James Bond in Italia

Settantasette anni fa, la notte del 13 agosto 1943, l’agente segreto 007, un ventenne inglese, venne paracadutato presso il lago di Como dove iniziò la sua personale lotta al nazifascismo. Sulla sua avventurosa vicenda furono scritti libri e girati numerosi film.

Si sa, la realtà spesso supera la fantasia e quella che stiamo per raccontarvi è la vera storia di James Bond; la storia di un agente segreto inglese attivo in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale la cui scaltrezza e temerarietà, oltre a indirizzare le sorti della guerra, ispirarono lo scrittore Ian Lancaster Fleming per la stesura dell’epopea dell’agente segreto più famoso al mondo. Stiamo parlando di un ventenne paracadutato presso il lago di Como nel 1943 e rispondente al nome di Cecil Richard Mallaby, noto ai più come Dick o Olaf a causa dei suoi capelli biondi e degli occhi azzurri. Mallaby era un giovane radiotelegrafista appartenente al corpo segreto britannico denominato SOE (Special Operations Executive ), voluto direttamente da Churchill per occuparsi di operazioni non convenzionale e del quale fece parte anche il fratello di Fleming, Peter. Per oltre settant’anni le vicende di questo intrepido 007 rimasero sconosciute, fino a quando, nel settembre del 2016, il comune di Casciano decise di consegnare alla famiglia di Mallaby una medaglia d’oro alla memoria. Da quel momento in molti, tra cui i più prestigiosi quotidiani inglesi, cominciarono a ricercare informazioni sull’agente scomparso nel 1981 in terra sienese.

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L’apporto dell’agente Olaf nei processi di resa della Seconda Guerra Mondiale è stato fondamentale, per quanto inaspettato e involontario. Fu proprio perché non calcolato che il suo ruolo rimase segreto tanto a lungo. La sua avventura, cominciata dopo essere stato paracadutato in terra italiana, fu un susseguirsi di roccamboleschi espedienti per salvarsi la vita e non frutto di una strategia pianificata nei minimi dettagli. Mallaby fu inviato in Italia nonostante la sua appartenenza al Regno di sua maestà. Passò tutta la giovinezza in Toscana, per poi concludere gli studi in terra modenese e quindi, data l’ottima conoscenza dell’idioma locale, era considerato l’uomo perfetto per trattare la resa con il governo instauratosi a Roma dopo il 25 luglio. A questo scopo fu appunto inviato nei pressi di Como nella notte del 14 agosto 1943. Ma la missione, purtroppo o per fortuna, non era stata propriamente studiata nei minimi dettagli e dunque l’inglese fu catturato immediatamente e imprigionato come spia nemica. Certo di una condanna a morte, Dick fu salvato dall’intervento del generale Giuseppe Castellano e del diplomatico Franco Montanari, che erano alla disperata ricerca di qualcuno in grado di interloquire alla pari con gli inglesi, utilizzando i loro stessi mezzi di comunicazione segreti. Fu  così che la spia inglese Mallaby divenne l’unico operatore radiotelegrafico utilizzato dagli italiani per scambiare informazioni con gli alleati (dal 29 agosto 1943 procedette anche alla trascrizione di tutti i messaggi) e sempre per tale motivo, il 10 settembre successivo, sbarcò assieme a Badoglio, al Re e alla corte, dal Baionetta a Brindisi.

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Il secondo episodio che lo portò alla ribalta della storia, e al tempo stesso lo relegò nell’anonimato, fu la sua cattura da parte degli uomini della Repubblica Sociale Italiana. Un’altra volta è obbligato a salvarsi da una morte certa e, con l’abilità e il sangue freddo dello 007 romanzato da Fleming, si inventa una storia talmente assurda da sembrare vera e portare all’armistizio tedesco. Interrogato dagli uomini della RSI, li convince di essere stato mandato dal Maresciallo Alexander per trattare una resa concordata con il Maresciallo Graziani: tale frottola, come già detto, regge al punto da permettergli di poter parlare con il capo supremo delle forze di polizia tedesche in Italia, il generale delle S.S. Karl Wolff., e convincerlo a intraprendere le trattative con gli Alleati che portarono alla resa di Caserta del 29 aprile 1945, senza chiedere consiglio né a Hitler né a Himmler. Quest’ultima avventura, soprattutto, crea un’aurea di sospetto attorno alla figura di Olaf accusato da più parti di fare il doppio gioco, mentre l’unico a compiacersi del suo operato è il suo stesso capo, Cecil Roseberry, che dichiarò candidamente la sua ammirazione: “Dick sembra aver messo su un bello spettacolo. La volta precedente (la cattura presso Como n.d.a.) era riuscito a liberarsi e aveva una possibilità su un milione; questa volta una su mille. Penserà che queste cose siano facili!”. Finita la guerra Dick Mallaby lavorò per la NATO dal 1953 fino al giorno della sua morte, il primo di aprile del 1981, presso Verona, al cui funerale parteciperà pure il comandante della base Nato veronese, James Lee Dozier, che da lì a qualche mese sarà rapito dalle Brigate Rosse.

Andrea Tagliaferri

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