L’Universale editore


Lo farei anche gratis

Centoundici anni fa, il 22 luglio 1909, a Fucecchio in provincia di Firenze, nasceva Indro Montanelli. Il ricordo del piรน grande giornalista italiano della seconda metร  del Novecento.

Il 12 gennaio del 1994 usciva, su Il Giornale, lโ€™editoriale dโ€™addio di Indro Montanelli: โ€œQuesto รจ lโ€™ultimo articolo che compare a mia firma sul giornale da me fondato e diretto per ventโ€™anni. Per ventโ€™anni esso รจ stato la mia passione, il mio orgoglio, il mio tormento, la mia vitaโ€. Lโ€™aveva fondato nel 1974, a sessantacinque anni, a seguito del nuovo piano editoriale che aveva subรฌto il Corriere, giornale che lo aveva accolto ventinovenne, nel 1938. Era ancora il vecchio Corriereย di Albertini, anche se il fascismo, nel 1925, lo cacciรฒ per mettere il giornale di via Solferino nelle mani dei tre fratelli Crespi. Lโ€™ultimo si spense nel 1972 e, in mancanza di eredi maschi, la proprietร  passรฒ nella mani di Giulia Maria; la quale, ispirata dal nuovo corso della contestazione sessantottina, tentรฒ di far sventolare la bandiera del tradizionalista e liberale Corriereย verso quella direzione, aiutata dal nuovo direttore che soffiava nella stessa direzione di quel vento, Piero Ottone. Montanelli โ€“ e con lui Bettiza, Cervi, Corradi, Ricossa, Romeo, Zappulli โ€“ in pieno disaccordo con la nuova linea, fondรฒ Il Giornale, nato da una secessione col vecchio Corriere.

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Ventโ€™anni dopo, lasciรฒ Il Giornale per ragioni analoghe; lโ€™incompatibilitร  con la nuova linea politica che Berlusconi voleva portare al giornale, in vista della sua discesa in campo: โ€œDi questo editore, ne ho conosciuti due. Uno รจ stato lโ€™amico che mi venne incontro nel momento in cui tutti mi voltavano le spalle; che non si รจ mai avvalso di questo titolo di credito per limitare la mia indipendenza; che ha sempre mostrato nei miei confronti un rispetto confinante e talvolta sconfinante nella deferenza. Eppoi ne ho conosciuto un altro: quello che, tramutatosi in capopartito ha cercato di ridurre il Giornale ad organo di questo partito suggerendogli non soltanto le posizioni da prendere, ma perfino il linguaggio da usare; e che, a lasciarlo fare, avrebbe finito per impormi anche la divisa del suo partito, il suo lookโ€. Quellโ€™editore sta ancora lรฌ, sulla scena, venti anni dopo, circondato da giornalisti che, sul look da lui imposto, ci hanno costruito delle brillanti carriere: sia pro, che contro di lui.

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Quando nel 1971 Enzo Biagi gli chiese โ€œper te, il giornalismo, che cosโ€™รจ Indro?โ€ Montanelli rispose: โ€œNon รจ un mestiere, lo farei anche gratis, mangiando non so cosa ma, davvero, lo farei anche gratis; per me il giornalismo รจ tutto: รจ la mia passione, รจ la mia vita, รจ la mia dannazione, รจ il mio passatempo, รจ tuttoโ€. Montanelli non lโ€™ha fatto gratis; ma, gratuitamente, ha arricchito, indirizzato, invogliato, tutti coloro che nella sua colossale opera ci hanno infilato il naso. Dopo Leo Longanesi, Montanelli รจ il ricostituente, la vitamina, il talent scout inconsapevole del giornalismo italiano. Roberto Gervaso, nel suo diario, racconta del suo primo incontro con Montanelli: โ€œHo preso la maturitร  โ€“ scrive Gervaso il 26 luglio del 1956 โ€“ mio padre mi chiede cosa voglio come premio. Gli rispondo: andar a Roma e conoscere Indro Montanelliโ€. 27 luglio: โ€œNon conosco lโ€™indirizzo di Montanelli. Lโ€™unica possibilitร  che ho รจ di mettermi in contatto con lui รจ di scrivergli presso la redazione romana del Corriere. Non perdo tempo, gli mando una lunga lettera firmata Giuseppe, il mio primo nome, e gli dico che sono venuto a Roma per incontrarloโ€. 29 luglio: โ€œOggi, in casa delle zie, allโ€™ora di pranzo, squilla il telefono. Va a rispondere zia Gegรจ, che chiama il nonno: โ€œPapร , รจ per te: un certo Montarelli, Mortarelli, Mortadelliโ€. Mio nonno va allโ€™apparecchio e non afferra, sono anni che non scrive e non imbuca lettere. Ma lโ€™equivoco si chiarisce subito. Afferro la cornetta e, allโ€™altro capo del filo, una voce baritonale: โ€œHo letto la tua lettera. Ti aspetto domani a colazione. Allโ€™una e mezza va bene?โ€โ€.

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Lโ€™influenza di Montanelli non รจ stata decisiva solo per questi ragazzi, i quali prendeva giovani tra le sue generose e lunghe braccia, per poi vederli andare via giร  grandi, uomini, talmente cresciuti e nutriti dalla sua instancabile parlantina, dai suoi racconti, dai suoi consigli, da non riuscire quasi ad abbracciarli piรน nel momento dellโ€™addio, nel momento in cui dovettero camminare da soli, con le proprie gambe; lo รจ stata anche per quei lettori che ne hanno apprezzato lโ€™amore per la Storia, per il passato di questo Paese, per i difetti endemici che lโ€™Italia e gli italiani si portano dietro, da generazioni, e che non si riescono a risolvere poichรฉ lโ€™italiano non se ne ravvede: Montanelli, descrivendo il nostro Paese, ha fatto quello che per la cultura e la sociologia ha fatto Montesquieu con โ€œLo spirito delle leggiโ€. La sua teoria insegnava che il difetto principe dellโ€™italiano รจ quello di non interessarsi dei propri difetti. Per questo scrisse โ€œLa storia dโ€™Italiaโ€, tuttโ€™oggi ancora venduta con grande tiratura, e che dava a Montanelli โ€œil gusto di queste edizioni piccole, popolari, che sono rivolte ad un pubblico vasto; perchรฉ, se la cultura non arriva a questi strati, a questa gente particolarmente bisognosa di cultura, รจ una cultura fallitaโ€. รˆ stato lโ€™ultimo residuo di quel modo di fare giornalismo che si rivolgeva ai lettori per migliorarne la qualitร , la cultura, e non di captare i loro gusti per vendergli ciรฒ che giร  sanno e che vogliono sentirsi dire.

Stefano Poma

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